Il governo della paura
“Tenendo conto della larga adesione anche nelle nostre terre a forze politiche sociali ispirate a teorie razziste e xenofobe,credo che un serio esame di coscienza s’imponga urgentemente per le comunità cristiane, poiché qui si tratta di veri valori “non negoziabili”, la dignità della persona e la vita stessa!”. Queste parole del vescovo di Alba, mons. Sebastiano Dho, possono aiutare una riflessione sul fenomeno Lega, in un modo molto concreto, semplice, popolare, come direbbero appunto i leghisti. Come non interrogarsi di fronte al successo della Lega, non solo elettorale ma anche culturale?
La Lega non è solo un partito al governo nazionale (di Roma Ladrona…) e alla guida di importanti regioni al nord. È un fenomeno culturale che deve interrogare tutti. In particolare, credo, proprio i credenti. Sempre mons. Dho scriveva: “Ciò che ci sta ovviamente più a cuore e ci preoccupa maggiormente per un senso di responsabilità pastorale è l’atteggiamento dei cristiani, sia singoli che come comunità ecclesiale, a riguardo di questi gravi problemi. Molto opportunamente mons. Giovanni Nervo, l’indimenticabile presidente della Caritas nazionale degli anni Settanta, in un suo recente intervento, scrive testualmente: ‘Ma come si può dire che sono delinquenti perché clandestini? Questa è la linea della Lega, sostenuta anche con il voto di molti cattolici proprio nei Paesi di maggiore frequenza religiosa. Come cristiani non abbiamo nulla da dire su questo?’ (Settimana n 19-11 maggio 2008)”.
Sfruttare i poveri
Spesso il messaggio della Lega è semplice, di poche parole, che arriva diritto alle persone, o meglio alla pancia delle persone. Lo scrivevo in una lettera aperta al portavoce dei deputati della Lega, subito dopo la sua elezione a Presidente della Regione Piemonte: “La Lega parla alla ‘pancia’ delle persone, cavalca le paure, propone un modello di arroganza, di forza, di furbizia, di semplificazione dei problemi senza mezze misure: la colpa di tutto è degli stranieri, dei clandestini-delinquenti (salvo poi tenerli in casa quando c’è un anziano che ha bisogno, e passare anche per benefattori, dando come favore quello che spetterebbe di diritto!). Responsabilità di chi ha sorriso di fronte all’orgoglio leghista abbinato alla prestanza sessuale... peraltro in buona compagnia delle battute del Premier che su questo tema abbonda di interventi, pensando di far sorridere (e purtroppo molti ridono!). Diventa poi difficile proporre ai ragazzi dei comportamenti non così maschilisti, quando il modello è questo! Da sempre di fronte alle ‘sparate’ di Bossi si sorrideva. Si diceva che erano cose di folklore. Lo dicevano i benpensanti, i politici di mestiere, gli intellettuali e anche molti uomini di Chiesa”. Sì, il messaggio della Lega è quasi sempre un messaggio semplice. Ma semplificare di fronte a una realtà invece complessa, è molto pericoloso. Il modello che i politici e alcuni aderenti del popolo della Lega vorrebbero, è quello che si può riassumere nella famose frase “Padroni a casa nostra!”. Non tenendo conto della società complessa in cui viviamo. Del fatto che molte risorse e materie prime che noi del Nord (inteso come mondo ricco e benestante, non solo come nord Italia...) usiamo arrivano proprio da quei Paesi da cui le persone fuggono a causa della povertà e della guerra. Padroni a casa nostra, ma molte fabbriche italiane aprono nei Paesi più poveri perchè ci sono meno vincoli sociali e ambientali. Insomma, sfruttare i poveri conviene. Che poi, però, non vengano qui da noi a reclamare! Anche per le armi, lo sappiamo, l’Italia è tra i primi fornitori di armi leggere (e non solo) ai Paesi del Sud del mondo, e molte armi vengono prodotte al nord Italia, dove la Lega è molto forte. Insomma, padroni anche a casa... loro.
È facile semplificare sulla tolleranza zero, poi succede, come ho già detto, di aver bisogno di una badante... e allora si chiude un occhio. È facile dire che gli stranieri sono spacciatori, poi quando si scopre che a spacciare sono anche i figli, o i papà, di buona famiglia, che magari sono anche della Lega, ci si accorge che la situazione è più complessa.
E dietro un innegabile e ostentato legame con il territorio credo ci sia una visione, per dirla con parole delicate, non ispirata al bene comune. Ci ricordiamo quando qualche anno fa, 1996, Umberto Bossi parlava dello “sciopero fiscale”, di “non pagare le tasse”, preparando anche un “manuale di resistenza fiscale”, e anche l’allora Presidente del Consiglio Silvio Berlusconi parlò di “sciopero fiscale”. Proposte radicalmente diverse dall’obiezione di coscienza alle spese militari, che vedeva anche Pax Christi tra i promotori. Lo sciopero fiscale della Lega, che ha come obiettivo arrivare al federalismo, è motivato da interessi personali o territoriali, e rischia di minare alle radici la convivenza sociale, dando libero sfogo agli interessi particolaristici, egoistici, di singoli o gruppi. Salvo poi, quando si ha bisogno di cure, andare a farsi curare in Svizzera. Tra l’altro, invitare a non pagare le tasse è anche un reato previsto dal codice penale (art. 415). Se poi al federalismo si unisce anche la secessione, con Bossi che più volte si è detto pronto a invitare migliaia di persone a prendere il fucile, qualche motivo di preoccupazione è più che legittimo. Aveva ragione quel frate francescano incontrato a Sarajevo, negli anni della guerra, che invitava a preoccuparsi per quello che stava succedendo in Italia. Anche il responsabile dell’assedio di Sarajevo, Karadzic, è sempre stato considerato uno che le sparava grosse. Uno a cui non dare molto affidamento. Poi abbiamo visto cosa è successo. E le leggi che abbiamo oggi in Italia ci confermano i timori, ben espressi da Famiglia Cristiana: “Il soffio ringhioso di una politica miope e xenofoba, che spira nelle osterie padane, è stato sdoganato... La ‘cattiveria’, invocata dal ministro Maroni, è diventata politica di governo”.
E la Chiesa?
E la Chiesa? Certo, ci sono stati interventi forti della Caritas contro le leggi sull’immigrazione, sui respingimenti. Alcune Caritas diocesane sono state oggetto di pesanti critiche per il proprio lavoro anche a favore dei clandestini. C’è però la sensazione che la Chiesa ufficiale, nei fatti, non si sia schierata troppo a fianco della Caritas e a fianco degli ultimi. Come non ricordare l’intervento tempestivo di mons. Fisichella, figura autorevole nella Chiesa, che la sera stessa dell’elezione di Cota a Presidente della Regione Piemonte invitava a “prendere atto dell’affermarsi della Lega… di un radicamento nel territorio che le permette di sentire più direttamente alcuni problemi presenti nel tessuto sociale. Quanto ai problemi etici, mi pare che manifesti una piena condivisione con il pensiero della Chiesa”.
“Forse l’unica volta che la Chiesa ufficiale è intervenuta in modo fermo contro la Lega – lo scrivevo già nella lettera sopracitata – è stato quando Bossi ha criticato i ‘vescovoni’ e ha minacciato di togliere loro l’8 x mille. Come dire: si interviene se si attacca la Chiesa, un po’ meno se si calpestano i diritti delle persone, dei più poveri. Come non ricordare, qualche anno fa l’invito ufficiale della CEI a non andare a votare per i referendum sulla fecondazione assistita? Lo stesso presidente Scalfaro, novarese come Cota, era stato criticato perchè aveva detto che sarebbe andato a votare. Lì erano in gioco, sì è detto, valori non negoziabili. In altri casi, no. O almeno non così importanti. Scriveva don Tonino Bello: ‘Come Chiesa... siamo spesso prigionieri del calcolo, vestali del buon senso, guardiani della prudenza, sacerdoti dell’equilibrio’”. Come ciliegina finale vanno anche ricordati i ripetuti interventi di leaders leghisti a favore del ritorno del latino nella liturgia secondo il messale di Pio V.
La conclusione la affido al grande testimone e martire, vittima del nazismo D. Bonhoeffer: “Chi non grida a difesa degli ebrei non può cantare in gregoriano!”.