L’era nucleare
L’Era Bush è finita, l’Era Obama è cominciata, ma la svolta non appare molto chiara. La questione non è tanto, a mio avviso, Obama come persona: se si trattasse solo di lui, il problema sarebbe tutto sommato più semplice, una persona si cambia. Poco importa che di notte Obama sogni davvero un mondo libero dalle armi nucleari, come tanti altri obiettivi belli e nobili: ma nelle sue giornate come Presidente deve fare i conti con la realtà, con il proprio Paese, con le lobbies che condizionano il potere e con la situazione internazionale. E questa realtà dice chiaramente che né gli Stati Uniti, né il mondo vogliono per ora rinunciare agli armamenti nucleari e all’opzione militare che esse offrono; più lontana che mai, poi, qualsiasi prospettiva di disarmo, perché tutto indica che si continueranno ad approntare sistemi d’arma sempre più terribili e pericolosi.
Il tutto dietro il paravento di una parola, sicurezza, che ha ormai capovolto il proprio significato originario. Basta chiamare un intervento armato “operazione di peacekeeping” e il gioco è fatto: il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute) documenta l’aumento del 16 % del personale impegnato in queste operazioni, con un costo di 9,1 miliardi di dollari, ma non sembra che la pace nel mondo abbia fatto molti passi avanti! Afghanistan docet. Lo stesso SIPRI documenta l’aumento record, a dispetto della crisi economica, delle spese militari, 1.531 mld $,5,9 % in più del 2008, 49 % in più del 2000 (quasi un raddoppio!): con un’impennata negli Usa, 661 mld $, 43% della spesa mondiale.
IL NUOVO START
Rispetto ai commenti riportati nel numero di maggio di Mosaico di pace (dossier e ultima tessera) è da registrare la conclusione dell’8a Conferenza quinquennale di Revisione (CR) del Trattato di Non Proliferazione Nucleare (TNP), svoltasi a New York durante tutto il mese di maggio. È opportuno fare il punto in termini generali, perché la successione di eventi – il nuovo trattato START, la nuova Nuclear Posture Rweview (NPR) di Obama, il summit che egli aveva convocato subito dopo, e la CR – ha senza dubbio configurato il nuovo (?) regime di proliferazione e il ruolo e lo spiegamento degli armamenti nucleari per gli anni a venire. Basti pensare che il nuovo START prescrive un limite formale di 1.550 testate per parte per Usa e Russia, da raggiungere nel 2017! Se i limiti prescritti dal Trattato SORT (Strategic Offensive Reductions Treaty) di Bush e Putin del 2002 erano superiori di qualche decina (1.700), dovevano peraltro essere raggiunti nel 2012: è assai discutibile parlare di passo avanti!
Anche perché, a un esame attento, i numeri risultano truccati. Abbiamo sempre insistito che il numero di testate nucleari nel mondo non si limita a quelle conteggiate come strategiche operative (circa 5.000, più un migliaio degli altri 7 Stati nucleari), ma supera le 20.000, conteggiando quelle tattiche, di riserva, o ritirate in attesa di essere smantellate (processo divenuto lentissimo, che non terminerà prima del 2022). Ebbene, i trucchi del nuovo START sono due. Da un lato ogni bombardiere verrà contato come una testata, mentre ne può portare da 6 a 20: non era così per il SORT, ma Mosca si è opposta a maggiori restrizioni per conservare qualche grado di parità con Washington, e lo ha ottenuto con questo conteggio “fasullo”. Dall’altro, gli Usa si sono riservati la possibilità di “upload” i propri missili, cioè di ricaricare delle testate dalla riserva (hedge). Non a caso la nuova NPR prevede esplicitamente di ridurre la consistenza della riserva, mantenendo la “capacità di ‘upload’’ testate nucleari non schierate sui vettori esistenti come hedge contro sorprese tecniche o geopolitiche”. Nel 2017, quindi, le testate operative in ciascuno dei due Paesi potrebbero in teoria superare il numero di 2.000 che era imposto (per il 2012) dal SORT!
In ogni caso, non si può negare il fatto che il nuovo trattato ha sbloccato le trattative dirette tra le due potenze, che l’amministrazione Bush aveva portato ai livelli più bassi. Il nuovo START reintroduce un regime di ispezioni in situ, pur con dei limiti.
D’altra parte la nuova NPR, pur essendo senza dubbio una svolta rispetto a quella di Bush, non compie il salto decisivo di un impegno senza se e senza ma a non ricorrere mai alle armi nucleari (del resto, se così fosse, cosa ci starebbero a fare?). L’impegno si limita a non usare o minacciare di usare armi nucleari contro Stati non nucleari membri del TNP che adempiano agli obblighi di non proliferazione nucleare”. Ma qui sta il punto delicato: chi stabilisce chi viola il TNP? Evidentemente gli Usa stessi! Per cui non lo viola Israele, che al TNP nemmeno ha aderito, ma lo viola l’Iran, che non ha la bomba (non il Brasile, che ha realizzato il processo di arricchimento senza che nessuno protestasse). Per gli Stati “che possiedono armi nucleari e quelli che non adempiano gli obblighi di non proliferazione nucleare, rimane una ristretta serie di eventualità in cui le armi nucleari degli Usa possono ancora giocare un ruolo nello scoraggiare (deterring) un attacco convenzionale o con armi chimiche o biologiche contro gli Usa o i suoi alleati e partners”. Ma questo è il first-use nucleare, né più né meno!
“Gli Usa desiderano sottolineare che considererebbero l’uso di armi nucleari solo in circostanze estreme per difendere gli interessi vitali degli Usa o dei loro alleati e partners”: si noti, per difendere gli “interessi vitali”», non un attacco al loro territorio! Pur mettendo tutte le mani avanti sulla volontà di “estendere per sempre il non-uso delle armi nucleari”, non si esclude il ricorso alle armi nucleari! Anche in casi in cui non venga direttamente attaccato il territorio statunitense!
La logica generale è del resto riassunta fin dalla premessa della NPR: “La minaccia di guerra nucleare globale è divenuta remota, ma il rischio di un attacco nucleare è cresciuto... il pericolo più immediato ed estremo oggi è il terrorismo nucleare”. C’è da chiedersi a che cosa servano migliaia di testate nucleari contro i terroristi!
LO SCUDO ANTIMISSILE
Non ritornerò sul fatto, più volte analizzato in questa rivista, che la minaccia più grande per il futuro è costituita dal salto militare senza precedenti costituito dallo sviluppo dei sistemi di difesa antimissile. Un Paese (in primo luogo gli Usa, ma molti altri Paesi se ne stanno dotando) che acquisisca la capacità (pur con le imprecisioni di questi sistemi) di distruggere i missili attaccanti, potrà avere un numero molto minore di testate nucleari, integrate in un terribile sistema offensivo. Obama ha introdotto cambiamenti, ma non ne ha arrestato lo sviluppo (gli interessi economici sono colossali). Mosca ne ha terrore, ha cercato inutilmente di inserire nello START clausole di limitazione, e si è riservata la possibilità di uscire dal trattato se gli sviluppi saranno preoccupanti.
Rimangono, comunque, pesantissime ipoteche sul cammino del disarmo nucleare. La prima sfida è la ratifica dello START da parte del Congresso Usa: riuscirà Obama a superare lo sbarramento dei Repubblicani? Dovrà riuscire a ratificare anche il trattato di messa al bando dei test nucleari (CTBT), che il Congresso aveva bocciato nel 1999.
Dopo la firma del trattato, Obama aveva convocato a Washington un summit internazionale, nel quale si è discusso lo spinosissimo problema dei grandi quantitativi di materiali fissili di interesse militare prodotti nel mondo, che mantengono un costante pericolo di furti o sottrazioni al fine di realizzare testate nucleari. Da decenni si auspica un trattato internazionale Cutoff che ne vieti la produzione, ostacolato proprio dagli Usa. L’impegno a stabilire un controllo internazionale nei prossimi anni è una delle maggiori sfide per un futuro libero da armi nucleari.
Per capire quanto gravi ancora sul mondo il rischio di una guerra nucleare, basta considerare l’ipoteca dell’arsenale di Israele in Medio Oriente, nonché il rischio incombente di un conflitto nucleare tra India e Pakistan: chi pensasse che sarebbe comunque lontano da noi, legga l’analisi che la rivista Le Scienze aveva pubblicato in marzo, con la previsione di milioni di morti e di un “inverno nucleare” che potrebbe portare alla fame due miliardi di persone!
LA CONFERENZA DI REVISIONE
In questo clima, che aveva coinvolto solo Usa e Russia, grandi aspettative si riponevano nella CR del TNP. La precedente, del 2005, era stato un clamoroso fallimento, chiusa senza nemmeno un documento conclusivo. Al termine di un mese di colloqui (forse di tira e molla) la montagna ha partorito un topolino di cui è difficile valutare l’importanza. Impegni di disarmo pochi: le potenze nucleari a parole li hanno presi, ma hanno rifiutato di metterli nero su bianco, impegnandosi solo a riportare i progressi fatti nel 2014. Aria fritta, fino a prova contraria: basta paragonarli a 13 impegni molto precisi che invece erano stati presi nella CR del 2000, ma che furono totalmente disattesi!
Si considera un “successo” che vi sia stato il voto unanime su una risoluzione finale, anche se è rimasto appeso a un filo fino all’ultimo minuto. Il punto del contendere era l’impegno a convocare per il 2012 una Conferenza Internazionale per rendere il Medio Oriente Zona Libera da Armi Nucleari e di Distruzione di Massa, con esplicito riferimento (per la prima volta) all’arsenale nucleare di Israele, e l’invito esplicito ad aderire al TNP e ad accettare le ispezioni della Iaea. Israele, dopo avere esercitato pressioni fortissime sugli Usa, ha naturalmente reagito in modo furioso, dichiarando che mai parteciperà a questa conferenza.
Dunque, un passo avanti, che sarebbe indubbiamente molto importante, o una vittoria di Pirro?
Il panorama internazionale non mostra schiarite. La conclusione della CR ha coinciso con il criminale intervento di Israele sulla Freedom Fottilla. Nessuno è in grado di prevedere l’evoluzione degli eventi. Israele, sempre più nell’angolo (ma sempre sostenuto dagli Usa), sembra sempre più portato a reazioni fuori controllo. Potrebbe decidere una nuova guerra al Libano o a Gaza, o il fatidico attacco all’Iran. Il suo arsenale nucleare rimane una minaccia tremenda!
Anche se Obama ha assunto come impegno prioritario di impedire l’ulteriore proliferazione delle armi nucleari, la situazione di stallo lasciata dalla CR non riduce i rischi. Anche se Brasile e Turchia cercano di disinnescare la questione iraniana, ai rischi dell’arsenale di Israele, a quelli tra India e Pakistan, si aggiungono i venti di guerra tra le due Coree, di cui quella del Nord si è dotata di alcune bombe nucleari. La Siria nega ancora l’accesso agli ispettori della IAEA al sito nucleare che Israele bombardò nel 2006. Si è saputo che la Giunta del Myanmar avrebbe un programma nucleare militare. Avanti il prossimo! Saremo liberi dall’incubo nucleare solo quando queste armi non ci saranno più, e la volontà del controllo internazionale diverrà imperativa.