Plaza de Mayo
Sembra di camminare nella storia qui in Plaza de Mayo a Buenos Aires accanto alle Madres col fazzoletto bianco a coprire la testa. In punta di piedi prendere parte un poco al loro dolore e al loro grido. Un grido mai spento da 33 anni. “Presente” – rispondono ad ogni nome degli scomparsi scandito dall’altoparlante. 30.000 giovani in quella manciata di anni della dittatura assurda e violenta mentre il mondo in silenzio stava a guardare. A guardare o a giocare al pallone nello stadio a due passi dalla Scuola Militare della Marina, dove quegli stessi giovani venivano torturati brutalmente prima di essere drogati e portati in volo da un aereo militare per essere gettati in mare aperto. Erano i Mondiali del ‘78. E già allora le madri ogni giovedì si ritrovavano in quella piazza per girare intorno e chiedere rispetto, pietà, giustizia, verità. Le chiamarono “le locas de Plaza de Mayo”, le matte. Dio, quanto ti sono grato di questa follia che hai seminato a oltranza nei cuori di ogni madre! E ancora oggi ci raccontano del colore degli occhi dei figli. Della memoria che non deve morire. Nemmeno con loro. Perché è sempre in agguato quell’altra follia. Quella assetata di sangue e di potere e che con scarpe chiodate ha calpestato l’anima della storia dell’Argentina. Donne anziane, ormai abuelas (nonne), con gli occhi gonfi di pianto a consegnarci lo stesso grido: Presente.