La guerra del Messico
Il Messico è in guerra. Come altro definire una situazione in cui si contano più di 30 morti al giorno dall’inizio dell’anno? Secondo i dati diffusi il 16 luglio scorso dal procuratore generale della Repubblica, Arturo Chavez, dall’inizio del 2010 si sono registrati oltre 7.000 morti per attentati e attacchi da parte dei cartelli del narcotraffico. Nel corso di tutto il 2009 le vittime furono 9.000. Quella in atto in Messico è una vera e propria guerra che si conduce quartiere per quartiere con efferata violenza e senza risparmiare colpi. Anche mediatici. Ostentare l’orrore anche in televisione, contribuisce alla campagna di terrore che i cartelli della droga da tempo hanno messo in atto. Le forze di polizia sono spesso alle dirette dipendenze dei signori della droga e da questi ricevono un doppio stipendio. Ma la corruzione si estende a parte della magistratura e di apparati dello Stato. Qualche giorno fa nella zona denominata La Laguna, compresa fra lo stato di Durango e Coahuila, sono stati sequestrati quattro giornalisti. La richiesta del riscatto non è in denaro. Si chiede alle televisioni di mandare in onda un filmato in cui un agente federale confessa la sua appartenenza al cartello de Los Zetas. Domenica scorsa è stata arrestata la direttrice di una prigione con l’accusa di aver consentito nottetempo l’uscita dal carcere di un gruppo di detenuti che, con le armi degli agenti di custodia, hanno ucciso 35 persone. Il Messico non ce la fa a reggere uno scontro tanto forte e per questo diventa urgente una mobilitazione internazionale che veda l’impegno di tutti i governi che hanno realmente a cuore la pace.