Non possiamo tacere
Denunciamo i ladri di futuro e i venditori di menzogne. Potrebbe riassumersi così l’ultima lettera della Commissione Giustizia e Pace della CIMI (Conferenza Istituti Missionari In Italia), in continuità con le precedenti e soprattutto con quanto sperato e vissuto nei molti anni condivisi come stranieri ospitati in altri Paesi.
...“Non poter tacere” significa anzitutto esprimere l’urgenza dell’indignazione a fronte delle derive che da tempo sembrano sedurre l’Occidente e in particolare il nostro Paese.
In una lettera precedente (“Mai senza l’altro”), menzionavamo un ‘virus’ che neanche troppo silenziosamente infetta la mentalità, le istituzioni e che non risparmia neppure le nostre comunità.
Detto virus colpisce anzitutto gli occhi e poi la memoria. Esso rende distorta la visione della realtà e conduce gradualmente alla cecità di fronte al furto della dignità che da tempo si sta perpetrando a danno di tutti e particolarmente degli immigrati.
Lo smarrimento della capacità di lettura onesta, e dunque profetica della realtà, non può che favorire il progressivo smantellamento dei fondamenti della vita civile così come la Costituzione li ha proposti normativamente.
Di questa cecità sono significative espressioni i respingimenti e i campi di detenzione in Libia, i CIE nel nostro Paese e fondamentalmente il processo di “criminalizzazione” del migrante come tale.
Accanto a questa “malattia sociale” degli occhi facevamo accenno alla memoria.
Ci stupiamo, infatti, del fatto che un popolo come quello italiano, che si è contraddistinto per una lunga e imponente storia dell’emigrazione, abbia potuto, nel giro di qualche decennio, cancellare in fretta questa preziosa e sofferta eredità storica.
I milioni di italiani, che hanno lasciato il nostro Paese per altre terre, avrebbero dovuto essere molto più di un monito per le presenti generazioni.
...“Bada a te e guardati bene dal dimenticare le cose che i tuoi occhi hanno visto, non ti sfuggano dal cuore per tutto il tempo della tua vita: le insegnerai anche ai tuoi figli e ai figli dei tuoi figli”...(Deut.4,9). È la smemoratezza e la conseguente difficoltà a trasmettere alle nuove generazioni alla radice delle derive a cui abbiamo fatto riferimento nella lettera in questione.
Lo sfruttamento del lavoro, vero e proprio commercio di esseri umani, la tratta a scopo di prostituzione, la situazione nelle carceri sono altrettante esemplificazioni di questa perdita di memoria. In questi ambiti ci pare particolarmente grave la responsabilità delle nostre comunità cristiane e dei politici che a vario titolo usano o abusano della legittimazione cristiana per governare.
Se l’Eucarestia è il memoriale per eccellenza (memoria sovversiva e liberante) dell’identità cristiana, come è stato possibile permetterne lo svuotamento e l’evacuazione in un rituale senza rilevanti conseguenze nella vita reale?
La nostra lettera, come le precedenti, aperta al dialogo con chiunque voglia condurlo, si vuole anzitutto come domanda e provocazione per i nostri Istituti e le comunità cristiane tutte.
Non possiamo e non vogliamo tacere di fronte alla profanazione della memoria e alla cecità del cuore e della mente. Ci invitiamo a fare tesoro di quanto emerso dall’ultimo Sinodo per l’Africa e soprattutto dal desiderio di ripartire da loro, i volti che abbiamo incontrato in Paesi lontani e che oggi sono qui, per salvarci.