Tra gli uliveti e il verde
Cosa spinge 34 ragazzi e ragazze tra i 17 e i 36 anni, provenienti da varie regioni d’Italia e del mondo, a partecipare a un campo di lavoro proposto da Libera e Pax Christi?
Una domanda simile mi è stata rivolta da persone a cui dicevo come avrei passato una parte della mia estate. Appena pronunciavo l’espressione “campo di lavoro”, in diversi non comprendevano perché, in un tempo che nell’immaginario comune si dovrebbe dedicare al riposo, io sceglievo di “lavorare”.
È possibile che io e queste altre persone intendessimo la parola ‘lavorare’ in modo differente.
Mentre gli altri, al suono di quella parola, associavano immagini di noia e stanchezza, io – forse in modo anche un po’ incosciente – mi raffiguravo scenari di avventura e scoperta.
Ma ritornando alla domanda iniziale… “Cosa ci ha spinto?”. Personalmente posso dire che le situazioni nuove mi attirano moltissimo. E la proposta di questo campo per me era una novità.
Ma ciò che penso abbia accomunato i partecipanti al campo è stato il “sentirsi in ricerca”. Ritengo che tutti abbiano intercettato la proposta perché erano nella condizione di “essere in cammino” e quindi in cerca di un’esperienza di senso.
Questo campo per me ha significato prendermi un impegno verso me stessa: lo spirito di partenza era quello di mettermi in un’ottica di servizio e di “sporcarmi anche le mani”.
Questo concetto penso che riesca a esprimerlo meglio una frase di Carmine Campana (responsabile delle Casa per la Pace) espressa durante un incontro: “TESTA – CUORE – MANI”. Ovvero, tutti gli ideali e le teorie che abbiamo in testa non sono completi se non s’integrano col cuore, dove si caricano di passione, e così compiono un ultimo viaggio verso le mani, dove si concretizzano in gesti tangibili e utili per gli altri.
In questo senso penso che il campo di Firenze ci abbia permesso di consolidare delle idee già esistenti dentro di noi, ma anche di scoprirne di nuove grazie al confronto tra noi volontari e i tanti “testimoni” incontrati durante il campo. Questo campo, però, non ha coinvolto solo l’aspetto razionale (la mente), ma ci ha permesso di appassionarci (col cuore) a tutto ciò che vivevamo. Tantissimi di noi si sono stupiti del clima di affiatamento e complicità che si è creato in una sola settimana. Probabilmente una persona esterna, vedendoci, avrebbe potuto pensare a un gruppo collaudato da anni e invece tanti di noi nemmeno sapevano dell’esistenza degli altri prima del campo.
Ultime, ma non per ordine d’importanza, le mani, anche perché nella scansione della giornata al campo erano quelle che per prime si attivavano nei vari gruppi di lavoro.
Il leitmotiv di questa campo di lavoro è stato “custodire e coltivare il creato”. Penso che questa frase possa essere benissimo adattata così: custodire tutto quello che abbiamo scoperto e sperimentato durante la settimana alla Casa per la Pace e coltivare i semi piantati nel nostro cuore. Perché senza un po’ di lavoro e di stimoli esterni rischieremmo di farli morire.
Ecco, allora, che preferisco lasciarvi con un’altra immagine, quella dell’uliveto perché per me ha voluto dire un gran lavoro, anche duro fisicamente, ma che con la pazienza del tempo porterà molto frutto!!!!
La frase di conclusione la lascio al motto di don Lorenzo Milani: I CARE. Lo lascio come augurio a tutti noi che abbiamo partecipato al campo e a tutti voi che v’imbatterete in questo racconto. Che queste parole possano far nascere dentro di voi la scintilla a fare della vostra vita un capolavoro per voi e per gli altri!!!!