REGIMI

L’Iran del terrore

Uno sguardo su quello che accade in Iran, nel silenzio dei mezzi d’informazione.
Perché dalla conoscenza nasca una più forte rete di solidarietà.
Studiosa iraniana

Testimoniare Dio è uguale a mettere in piedi la giustizia, così recita il Corano. Io, da iraniana, donna, teologa, non posso che sostenere tutti e tutte coloro che, mettendo a rischio la propria vita, lottano per una giustizia in Iran. In questa parte del mondo, oggi, la situazione è gravissima: uccidono, massacrano, rubano, licenziano, investono i manifestanti sotto le auto della polizia. Tutti i giornali, che sino a ieri potevano scrivere una minima critica, sono stati chiusi e i giornalisti rinchiusi in piccole e sporche celle. Li costringono ad assumere farmaci psicotici per trasformare la loro personalità e per costringerli, contro ogni volontà, a parlare in televisione in favore del regime, dicendo di essersi pentiti. Vengono loro estorti ingiustamente soldi, sono richieste cifre altissime – da 50.000 a 300.000 dollari – per poter uscire dal carcere (e rientraci dopo pochi giorni). Sì, immaginate l’inferno

Sono scomparse le più belle e lucide personalità iraniane e sanzioni di ogni tipo, molestie e violenze gratuite sono imposte alla popolazione. Il tutto mentre gli Stati europei giocano con i popoli: apparentemente sono contro l’ingiustizia, ma in realtà sono attenti solo ai propri interessi. Hanno venduto la più alta tecnologia per spionaggio, armi fredde ecc. al regime che ha bombardato il cielo di Tehran e offuscato la comunicazione via internet, senza considerare i danni per l’incolumità e la salute della gente. 

Gli uffici dei grandi ayatollah dissidenti sono stati distrutti di notte e le madri delle vittime non hanno diritto di piangere i loro figli morti.Cinquanta di loro (le madri) sono state messe in prigione. La casa degli studenti è stata calpestata dai militari; tanti i morti e nessuno lo deve dire. Formalmente sono deceduti per malattia: fanno firmare ai familiari un’apposita dichiarazione per poter avere accesso anche ai cadaveri dei loro cari. Giovani uomini e donne sono violentati ripetutamente. 

Un clima di terrore è stato imposto al popolo. Paura. 

E poi la vita quotidiana. Si sopravvive, in uno dei Paesi più ricchi del pianeta, con quasi il 40% del petrolio e gas, oro e minerali. Tutto disperso il patrimonio ricchissimo dell’antica Persia, con i suoi siti archeologi, paragonabili a quelli di cui l’Italia ha saputo far tesoro. 

Ma nessuno sa dell’esistenza di Tehran. Non appariva neanche quando il meteo internazionale mostrava la mappa del mondo. Un Paese volutamente nascosto e ora un popolo, nascosto all’opinione pubblica, che grida. Un popolo che vuole vivere in pace, in buona relazione con il mondo. Che non vuole alla sua guida un grande dittatore. Che non vuole un regime e un potere militare crudeli. Uno dei regimi più feroci, malvagi e potenti nello spionaggio e controllo al mondo. 

E il “mondo” come risponde? Ahmadinejad è come Hitler. E allora abbattiamo lui e il popolo iraniano, con la presunzione che tra qualche anno avrà la bomba atomica. Bombardiamo le città vicine . Due ingiustizie nello stesso tempo, per il popolo innocente: fuori e dentro… 

Come potrà ancora sperare? Proprio per ridare speranza, il premio nobel Ebadi ha detto che arriveremo noi alla nostra democrazia. Sono tante oggi le donne in rivolta. Con tutto il coraggio femminile possibile, sfidano il potere in vario modo, creative come sempre, pubblicano documenti, riflessioni in tanti siti e in diverse lingue, si mobilitano, si incontrano, virtualmente e fisicamente. È un popolo maturo, stanco di subire sanzioni ingiuste, guerre, regimi, dittature. Un popolo di credenti e non credenti che sanno sperare, pur in un clima di terrore. 

Sta proprio nascendo anche un nuovo islam che può essere di grande aiuto per la stabilizzazione della pace mondiale. Buoni credenti che vivono la religione come una forma etica che dovrebbe garantire la pace, la giustizia e la felicità degli uomini e delle donne. 

 

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