Una storia di ordinaria antimafia
Tutti sanno che in Italia vige un’ottima legge che prevede la confisca e l’uso sociale dei beni acquisiti con proventi illeciti dai mafiosi. Molti sanno che quella legge fu ottenuta grazie alla raccolta di un milione di firme presentate al Parlamento da Libera che compiva così il sogno che fu di Pio La Torre. Pochi sanno che il processo che va dal sequestro alla confisca e dalla confisca alla destinazione all’ente locale e da questo all’uso sociale, è irto di ostacoli e difficoltà. Può succedere che un terreno confiscato a un esponente della malavita continui ad essere coltivato dallo stesso sotto lo sguardo distratto o complice di cittadini e istituzioni. Nei giorni scorsi in alcune piazze d’Italia è stata distribuita l’uva “Un grappolo di diritti”, raccolta su 4 ettari di terreno che un boss di Cerignola (Foggia) continuava indisturbato a coltivare anche se confiscato dal 2000. Una felice “congiuntura socio-istituzionale” tra Libera, amministrazione comunale, prefettura, sindacati, agenzia per la gestione dei beni confiscati, associazioni di categoria... hanno consentito di raccogliere e distribuire l’uva che era stata coltivata dal boss. Ultima annotazione: oltre ai volontari scortati dalle forze dell’ordine, l’uva da tavola è stata raccolta da immigrati regolarmente assunti. E questa vorremmo che non fosse una notizia.