La politica del terno al lotto
Per salvare i bilanci compromessi dai forti tagli provocati dalle manovre finanziarie, gli amministratori comunali se ne inventano di tutti i colori. Soprattutto l'incremento delle multe e l'invenzione di nuove. Ma la fantasia del sindaco di Melito (NA) non ha pari. Ha cominciato a giocare all'enalotto nella speranza di fare il colpaccio e riempire le casse del comune. «Se vinco, divento il sindaco più amato d'Italia», dice Antonio Amente, 59 anni, professione medico di base: «I soldi delle giocate li prendo dal mio stipendio di primo cittadino. Fortunatamente con il mestiere di medico me lo posso permettere. Gli uffici comunali garantiscono che con 150 milioni di vincita nessuno a Melito pagherà le tasse per dieci anni». Io spero che il sindaco di Melito non costituisca un modello per nessuno. Delegare le politiche di un ente locale alla possibilità (molto remota) di una vincita, è illusorio, fuorviante e diseducativo. L'illusione di arricchirsi in un colpo solo è la stessa che sostiene la criminalità, quella che consegna migliaia di persone nelle braccia dell'usura, quella che ci fa pensare che senza soldi non siamo nessuno. Per fortuna non tutte le amministrazioni si affidano alla dea fortuna e, in quest'Italia variegata, c'è chi preferisce la via della costruzione lenta di comunità responsabili alle politiche del gioco d'azzardo. Ma quanta tristezza nella costatazione che i tagli debbano abbattersi proprio sulle politiche di prossimità ai cittadini!