La guerra per la democrazia
In principio fu la guerra per sgominare Bin Laden e il fondamentalismo talebano. In punta di diritto internazionale non aveva copertura, iniziava a meno di un mese dalla profonda ferita inferta al cuore degli USA e aveva più il sapore della vendetta che quello della giustizia. Poi si disse che si voleva esportare la democrazia anche da quelle parti, tanto che l'intervento poteva essere inserito nel più ampio movimento di liberazione delle donne. Oggi si dichiara ad alta voce che si tratta di guerra e che – à la guerre comme à la guerre – dobbiamo armarci di più e meglio per "essere più efficienti". Si glissa sui "danni collaterali" che questo comporterebbe e sul coinvolgimento di civili. Ma se non altro si getta la maschera. Purtroppo quell'area non è la sola a soffrire il deficit di democrazia. Se dovessimo decidere di intervenire militarmente in ogni luogo in cui la democrazia è compromessa e la gente soffre persecuzione, oppressione e morte... Oggi lo diciamo con il lutto nel cuore perché ancora una volta la morte è venuta a visitare alcune case del Sud Italia e la sofferenza si trasforma in pianto quando pensiamo che tante giovani vite – da una parte e dall'altra – sono state sacrificate ancora una volta sull'altare di interessi diversi da quelli dichiarati come nobili. Vicinanza sincera e profonda alle famiglie dei militari uccisi, ma condoglianze anche alla democrazia. Quella nostra.