Il privilegio di De Pedis

13 ottobre 2010 - Tonio Dell'Olio

"Si attesta che il signor Enrico De Pedis nato in Roma - Trastevere il 15/05/1954 e deceduto in Roma il 2/2/1990, è stato un grande benefattore dei poveri che frequentano la basilica ed ha aiutato concretamente a tante iniziative di bene che sono state patrocinate in questi ultimi tempi, sia di carattere religioso che sociale. Ha dato particolari contributi per aiutare i giovani, interessandosi in particolare per la loro formazione cristiana e umana".
È il testo della lettera con la quale Monsignor Piero Vergari, già rettore della Basilica di Sant’Apollinare in Roma, chiede e ottiene la sepoltura nella cripta di quella chiesa di Enrico De Pedis, uno dei capi della banda della Magliana, ucciso per un regolamento di conti nel febbraio 1990. D’altra parte anche il sen. Giulio Andreotti in un’intervista al Corriere della sera del 24 settembre 2005 afferma: "Ecco, magari non era proprio un benefattore per tutti. Ma per Sant'Apollinare sì". Non ho spazio qui per descrivere l’operato criminale del De Pedis. Ma mi chiedo se bastano le sue elemosine a convincere uomini di Chiesa a trasgredire persino il Codice di Diritto Canonico e a conferire un onore tanto grande a un criminale. In ogni caso, a distanza di tanti anni, mi chiedo perché il vicariato di Roma o il Vaticano non pongono fine a questa sorta di "privilegium mafiosi" e traslano la salma in un cimitero comune? Toglierebbero di mezzo questo monumento alla complicità, cercherebbero di rimarginare le ferite inferte ai familiari delle vittime della banda e di De Pedis, riscatterebbero una credibilità compromessa di una Chiesa che dice che il Vangelo e le mafie sono inconciliabili.

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