ULTIMA TESSERA

La nuova Tienanmen

Il Nobel per la pace al cinese Liu Xiaobo. La nonviolenza possibile contro la dura repressione di uno Stato.
Francesco Comina

Il comitato di Oslo lo aveva fatto trapelare: “Il Nobel per la Pace quest’anno farà molto discutere”. L’establishment cinese aspettava che i giurati pronunciassero l’incubo di quel nome e che la Norvegia emettesse la sua condanna.

Il nome è stato annunciato puntualmente in mondovisione: Liu Xiaobo, il dissidente cinese che ha affrontato i carri armati dell’esercito in piazza Tienanmen insieme ai suoi studenti, il docente universitario cristiano rinchiuso in carcere con l’accusa di incitamento alla sovversione ai danni dello Stato per aver promosso Charta 08, l’oppositore politico più temuto e odiato dalla cricca di potere e dal sistema che non accetta alcuna opposizione interna.

Subito dopo la proclamazione del Nobel a Xiaobo il dragone è stato colpito da un fremito di paura e sono scattate le misure restrittive: nessuna informazione sul Nobel, divieto di accesso per i cronisti alla casa del dissidente, arresti domiciliari per la moglie Liu Xia a cui è stato impedito di pronunciare qualsiasi dichiarazione su suo marito e sul Nobel.

Liu è riuscita solo a postare sul suo blog questo rapido messaggio: ‘‘Amici miei sono tornata a casa. L’8 ottobre sono stata messa agli arresti domiciliari. Non so quando potrò vedere qualcuno. Il mio cellulare è fuori uso e non posso effettuare nè ricevere chiamate. Ho visto Xiaobo e gli ho detto che ha vinto il premio. Vi dirò altro più tardi. Per favore, aiutatemi tutti voi a comunicare tramite Twitter. Grazie”. 

La storia di Xiaobo nasce come una storia di speranza. È il 1989 e l’impero sovietico frana da tutte le parti. Si chiude un’era. Improvvisamente il vecchio mondo succube dell’equilibrio del terrore si disintegra e si apre una nuova fase della storia. In novembre crolla perfino il simbolo della guerra fredda, che sembrava essere la regola della storia: il muro di Berlino. 

In Cina gli studenti salutano quegli eventi come un’onda che arriva piena di novità e gravida di speranza. Xiaobo è il più giovane e brillante docente alla Normale di Pechino. Gli studenti lo ammirano. Assieme a Wang Dan e Wu’er Xi fonda la Federazione autonoma degli studenti: “Nel 1989 – ha raccontato – studenti e professori erano uniti dalla speranza che il crollo dell’Urss percorresse la Siberia e che il cambiamento superasse la Grande Muraglia. Pensavamo che diritti umani, democrazia e indipendenza della giustizia erano l’unica strada per salvare il popolo cinese. I carri armati di giugno ci hanno colto impreparati”. 

Mentre l’Occidente fa i conti con lo sbriciolamento sovietico, in Cina s’alza la grande muraglia in difesa dello status quo. Xiaobo si rende conto che il governo cinese avrebbe reagito con furore e tenta di richiamare i suoi studenti dalla grande manifestazione di piazza Tienanmen. “La notte del 3 giugno 1989 – ha confidato agli amici – capii che tutto era perduto. Deng Xiaoping aveva scelto la repressione e vedevamo l’esercito che si ammassava attorno alla città proibita. Pensai che la priorità era salvare la vita dei miei ragazzi”. 

Molti studenti non vogliono abbandonare la piazza e affrontano i carriarmati. Lui decide di stare al loro fianco. “La storia di Xiaobo nasce da quel sangue”, dirà la moglie. Viene accusato dal partito comunista di essere una delle guide della rivolta, viene arrestato e condannato a 18 mesi per atti controrivoluzionari. Liberato viene nuovamente arrestato con la stessa accusa due anni dopo. 

Liu continua la sua attività in difesa della democrazia e dei diritti umani. Ma ogni suo atto viene controllato dai militari del regime che lo arrestano una terza volta nel 1996, mandandolo in uno dei campi di rieducazione ideologica voluti da Mao. Viene liberato nel 1999 e licenziato dall’Università. Decide di uscire dal Paese: “Per vivere e scrivere liberamente – ha spiegato – ho insegnato alla Columbia University, in Europa e alle Hawaii. Con mia moglie ci siamo rassegnati a non avere figli, per non condannarli a condividere la nostra sorte”. 

Nel 2004 prova a rientrare a Pechino. Continua a battersi per una nuova Cina. È il 2008 e le televisioni di tutto il mondo alternano i collegamenti dai giochi olimpici alle scene di repressione nel Tibet dove è in atto la rivolta dei monaci che chiedono libertà di culto e l’indipendenza della regione. Xiaobo decide di scrivere “Charta 08” il manifesto del dissenso cinese. Alla vigilia di Natale viene arrestato e condannato a undici anni. 

Ora Liu Xiaobo non è più soltanto un sovversivo, un pericoloso controrivoluzionario. Ora è il premio Nobel per la Pace cinese, che in una scena commovente raccolta da alcuni testimoni nel carcere di Jinzhou in lacrime ha detto: “Dedico questo premio ai martirio di Tienanmen”. 

Il comitato norvegese del Nobel ha affermato di aver assegnato il premio a Liu per ‘‘i suoi sforzi costanti e nonviolenti in favore dei diritti umani in Cina’’. Da tutto il mondo si chiede la liberazione del premio Nobel e della moglie. Per la Cina la questione si fa davvero imbarazzante.

 

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