Vite spezzate
Qualcosa è cambiato da due anni e nove mesi.
È cambiato il modo in cui sento e vivo, il modo in cui provo a gestire le mie emozioni.
In un tempo non troppo lontano, quando si parlava di violenze, reagivo d’istinto e il “non indugiare” era la mia prima risposta epidermica.
Adesso quello stesso istinto si è trasformato e il dovermi confrontare con storie come queste mi provoca un male fisico che mi confonde.
Quando lavori sulla relazione d’aiuto ti insegnano a confrontarti con le tue emozioni per riuscire a compenetrare quelle degli altri.
Il problema sono i contorni. Quando le cose si mescolano (vissuto e ruolo), si fa fatica a separare gli ambiti.
Sabato 25 Settembre 2010: potevo fare altro in questo pomeriggio d’autunno a Ferrara.
Ancora nuvole indecise e questa fastidiosa umidità, questa pioggerella costante che rende scivolosi i ciottoli su cui si muovono veloci le ruote della bici.
Ho lasciato Ruben a casa. I ritmi sono importanti per un bambino così piccolo e provo a non scombussolarli troppo con i miei.
L’ho lasciato con suo padre, perché nella penombra delle serrande abbassate per fare la nanna, non avesse paura.
Già adesso non gli piace il buio… Chissà perché! Deve esserci qualcosa di innato che ci terrorizza nell’oscurità, in questo perdere il contatto con ciò che ci circonda, nel sentirsi vulnerabili e indifesi.
Penso al terrore di non saperli proteggere che ti assale da subito, da quando l’infermiera te li pone fra le braccia e senti che la tua vita non sarà più la stessa.
Allora vado più veloce, così devo concentrarmi sulla strada e non pensare.
Il rumore della pedalata cambia sotto le volte di via Boccacanale S. Stefano; è qui, a Casa Cini, il convegno organizzato da Pax Christi su “Scandalo e Riconciliazione nelle Chiese”.
Mentre posiziono la catena che blocca i raggi della ruota posteriore, penso: “Sono una madre e sono una pastora valdese in servizio per la Chiesa Battista e ora come si mantengono assieme tutte queste cose? L’identità di genere e il ruolo?”
RICONCILIAZIONE POSSIBILE
La sala si riempie in fretta. dopo mezz’ora non ci sarà più neanche un posto. Chi ha voglia di parlare della violenza sui bambini?
L’aria è tesa. C’erano tantissime donne e la domanda: “Ma oggi dov’è la nostra diocesi?”- era sospesa fra i pensieri della gente.
Con caratteri generosi e scuri il verso di Matteo 18, 10 (“Guardate di non disprezzare uno solo di questi piccoli”) scandisce l’intervento di apertura. Stefani analizza il rapporto fra scrittura e realtà ecclesiale e ne evidenzia l’incongruenza, lo scandalo (l’intervento è consultabile sul blog on line all’indirizzo
http://pierostefani.myblog.it/archive/2010/10/02/guardate-di-non-disprezzare-uno-solo-di-questi-piccoli-1-03.htm).
“All’interno delle comunità dei credenti il problema di fondo, ancor prima dell’abuso, è l’uso stesso del potere. Se lo si esercitasse davvero come servizio «il più grande» dovrebbe farsi «il più piccolo»; ma ciò, in modo pieno, è avvenuto solo in Gesù. Ben raramente i suoi discepoli si sono messi su questa via. La domanda chi «sia il più grande» non è soltanto dei primi discepoli; al contrario, essa costella duemila anni di cristianesimo.(…)
Il fatto che per aprire gli occhi servono gli scandali, significa che la patologia è già molto grave. Essere consapevoli della perenne inadeguatezza delle Chiese, non significa cercare facili attenuanti nel dire «siamo tutti peccatori», né comporta sottovalutare le differenze tra i vari comportamenti colpevoli. Anzi, è vero il contrario: quando il potere (sotto qualsiasi forma) diviene funzionale al dominio (sotto qualsiasi forma), lo scandalo patito dai piccoli diviene massimo”.
Parla di “Diritto alla Verità delle Vittime” come unica via per una possibile riconciliazione.
Attraverso “L’onestà Estrema”- che Stefani cita con riferimento a Bonhoeffer – si chiede che venga riconosciuta la dignità di soggetti alle vittime e che il colpevole sia costretto a star loro di fronte.
MINORI VIOLATI
Padre Lorenzo Prezzi apre il suo intervento dal titolo forte “La violenza sui minori nella Chiesa cattolica: cronaca di un caso”.
Il “caso” ha un itinere lungo come i venti anni di direzione della Rivista “il Regno”di cui si occupa Prezzi. Un lavoro che inizia con le prime denuncie dal Canada e che si rifà a un archivio di fronte al quale si fa fatica a credere alla favola del male recente e circoscritto.
la voce di Prezzi è rotta e un po’ nervosa. Ne parla a fatica. Lo si legge nel volto, nelle mani irrequiete che ripercorrono su fogli di carta, le cifre, le storie, i volti di vittime e carnefici e non ne vedono a oggi ancora la fine. L’intervento di Prezzi ruota di 360 gradi, si sposta da un emisfero all’altro e giunge a toccare l’Italia, dove fino allo scorso maggio “il problema” – a dire del cardinal Bagnasco (Presidente CEI) – non era mai esistito.
Si trattano i casi, i documenti, le risposte ufficiali; solo le vittime rimangono cifre in una sala conferenze a Ferrara. Ma le cifre sono vite andate in pezzi e di nuovo il corpo ha un moto di rifiuto. Nella pausa che segue il dibattito ci si muove, ci si incontra.
Così da figlia del Sud, di un Sud molto più intriso di cattolicesimo e di modelli patriarcali di quanto questo benestante nord-est possa essere, dimentico per un attimo dove mi muovo.
Mi scopro ad ascoltare con sorpresa il racconto e le riflessioni di donne che ripercorrono il male a ritroso e riflettono a partire dalla loro infanzia, partendo dal ricordo, dalle memorie di bambine e giovani donne assoggettate al modello del maschio.
Io, che la domenica spezzo il pane e condivido il calice del vino, io che predico da un pulpito, che incontro la gente e la ascolto, che partecipo o presiedo incontri pubblici, ho dimenticato cosa significhi essere cresciuta in un contesto cattolico.
La dignità e la libertà in cui il protestantesimo mi ha battezzata come figlia di Dio, ora guarda al senso di impotenza e rabbia di donne che vedono negata, a causa della loro identità di genere, la possibilità di esistere con tutta la loro sessualità.
E la rabbia delle donne cresce con quella delle madri che non riescono a pensare che un dolore così lancinante possa raggiungere il frutto del loro ventre.
SESSO FAST FOOD
La rabbia è raccolta e raccontata dietro lo scandalo dalla Biblista Marinella Perroni (Presidente Coordinamento Teologhe Italiane) che fa un percorso dentro e fuori la Chiesa, ma soprattutto dentro e fuori l’anima delle vittime.
Perché non è un caso che si parli di ruoli maschili di dominio e di omertà psichica come aspetti essenziali del nuovo e vecchio atteggiamento della Chiesa.
C’è allarme nelle parole della Perroni per questo voler mettere subito tutto in “ordine” per evitare che si parli del “vissuto”.
“Mancano dei riti di passaggio per la sessualità”, dice, e la conseguenza è una sessualità demonizzata o consumata.
Il sesso è diventato il fast-food dei teenager e nel contempo lo si usa contro di loro e contro quelli più piccoli di loro.
La tentazione a cui il corpo altrui induce, diventa l’attenuante del carnefice.
Si dice sia colpa delle donne perché non più capaci di rimanere nel ruolo di sottomissione, hanno lasciato in prima fila i bambini.
Così al dolore si aggiunge “l’Oltraggio della Memoria”.
Ecco perché oggi in questa sala si parla di scandalo più che di riconciliazione.
Marinella Perroni riprende alcuni modelli di integrazione proposti da Paul Ricoeur e parla di una traduzione (“ la necessità di una universalità dei linguaggi nella dispersione delle lingue”) e di uno scambio di memorie attraverso le narrazioni incrociate, per riuscire a far parlare gli orchi che hanno abusato dei bambini e capire “da dove viene il peccato”.
Il Risarcimento della Memoria è l’unica possibilità di aprirsi al perdono.
L’ultima voce narrante, esprime il suo imbarazzo e la sua decisione di non affrontare oltremodo un tema tanto doloroso.
Riecheggiano le parole di Isaia per bocca del prof. Paolo Ricca: “Per cagion vostra il nome di Dio è bestemmiato fra i gentili”.
Lo scandalo viene analizzato come termine chiave della predicazione dell’Evangelo, come “Porta del Paradiso” (Lutero) che rappresenta la figura di Cristo e oggi, come termine che esprime una violenza che fa ombra: uno scandalo che allontana dal Vero Scandalo.
Ricca verso la fine del suo intervento cita Tertulliano: “Ci sono dei peccati che soltanto Dio può perdonare, noi non possiamo”. E l’immagine del “limite” che ritorna.
Dobbiamo sapere che c’è anche un confine: che il perdono è una cosa divina e che Dio ha compiuto la più mirabile delle cose portandolo sulla terra.
Ci sono peccati che soltanto Dio può cancellare e chiude il dibattito Piero Stefani:
“In fondo è interessante notare come Gesù sulla croce abbia chiesto al Padre di perdonare loro”.