La campagna stock out

Gli SMS per assicurare l’accesso ai farmaci essenziali in Africa.
Marine Buissonniere (vicedirettore del Programma di Salute Pubblica, Open Society Institute)

L’accesso ai farmaci essenziali è un diritto umano e una funzione basilare per un sistema sanitario degno di questo nome. La loro disponibilità nei presidi di salute determina il destino di vita o di morte per i pazienti, la possibilità di guarigione ovvero di sofferenza prolungata nel caso di molte patologie. Malgrado le reiterate dichiarazioni di impegno, da anni i servizi sanitari in Africa sono piagati dal problema cronico, e ben documentato, di scarsa disponibilità di medicinali nelle farmacie e nei presidi pubblici di salute. Quando gli scaffali di una farmacia o di un ambulatorio scarseggiano di farmaci, ci si trova davanti a uno “stock-out”.

Questa indisponibilità di medicinali può riguardare uno o più prodotti, ma nei casi peggiori si configura come assenza totale di medicine. Uno stock-out può essere del tutto episodico o può durare giorni, mesi. Un bel problema, per chi è malato. E per chi non ha soldi. Con enormi sacrifici, ci si comprano le medicine a un prezzo elevato nelle farmacie private. Più di frequente, si abbandona del tutto l’idea di una cura. Anche così si vanno a rimpinguare le casistiche di morte per patologie del tutto curabili. 

Come dare a questo tema il rilievo che merita, soprattutto nell’agenda politica africana? Ci ha pensato un gruppo di organizzazioni della società civile di cinque Paesi del continente – Kenya, Malawi, Uganda, Zambia, e Zimbabwe – che con il sostegno dell’Open Society Institute (OSI) hanno lanciato nel febbraio 2009 una nuova campagna per far sì che la questione della cronica assenza di farmaci negli ospedali pubblici divenisse una priorità del dibattito politico e della mobilitazione della società. Una questione da affrontare e da risolvere. 

Una volta definiti obiettivi e piattaforma politica di rivendicazioni, l’idea originale di questa campagna è stata quella di fare leva sulle nuove tecnologie – soprattutto i telefonini – per salvaguardare la più ampia partecipazione possibile. La tecnologia di telefonia mobile sviluppata in Africa ha un’accessibilità assolutamente straordinaria nel panorama internazionale, al contrario dei computer, e un’agilità di comunicazione in tempo reale non ovvia in questo continente immenso e dalle carenti infrastrutture. Da questa scelta puntata ai telefonini è scaturita l’idea del “Pill Check Week” – la settimana di controllo delle pastiglie – nel giugno 2009, per battere il tempo della campagna avviata pochi mesi prima, e per tenere viva l’attenzione dei media tradizionali – carta stampata, televisione, radio – sul tema degli stock out di farmaci. 

Il ricorso pilota agli sms puntava a introdurre l’utilizzo di questo nuovo strumento e a educare le organizzazioni della società civile a intessere con esso un’azione di campaigning politico sul tema dell’accesso ai farmaci essenziali. La campagna “Stock Out” ha così messo a disposizione le nuove tecnologie disponibili (www.ushahidi.com e www.frontlinesms.com) in modo che i cittadini potessero, anche dai luoghi più periferici, mandare un sms non appena avessero direttamente constatato la mancanza di un particolare farmaco essenziale nelle strutture sanitarie pubbliche di riferimento – farmacie, cliniche, ospedali. Ricercatori, semplici cittadini volontari e piccoli team della Campagna “Stock Out” hanno trascorso una settimana a visitare strutture sanitarie e piccole cliniche in Kenya, Uganda, Malawi, Zimbabwe e Zambia per monitorare il livello di disponibilità di 10 farmaci essenziali che dovrebbero, invece, essere accessibili nelle strutture di salute: fra queste, le terapie antimalariche di prima linea, le pasticche di zinco, la penicillina, i trattamenti antiretrovirali contro l’HIV. 

Dopo queste visite, gli attivisti e i team di lavoro mandavano a un sito web comune, FrontlineSMS, i risultati raccolti tramite sms codificati secondo un modello “x, y, z” – laddove x rappresentava il codice del Paese, y il distretto o la città della visita e z la medicina trovata indisponibile. I dati raccolti venivano utilizzati per redigere mappe online sul sito della campagna in grado di definire la geografia degli stock out di farmaci nei singoli Paesi. Un approccio innovativo, che per la prima volta ha dato voce ai pazienti e alle loro storie. 

L’indagine con i cellulari racconta di una autentica crisi nella disponibilità di farmaci nei Paesi analizzati, e non solo nelle zone più periferiche, ma spesso nelle stesse città, in oltre 100 ospedali pubblici. Il sondaggio, che non ha pretese di esaustività, ha però offerto prove inconfutabili per metter in piedi un’azione politica mirata. La mappa interattiva con tutti i risultati è reperibile sul sito www.stopstockouts.org. Questi sono stati usati dai partner della Campagna “Stock Outs” per fare pressione sui rispettivi parlamenti e governi.

L’uso creativo della moderne tecnologie della telefonia mobile ha permesso di attirare l’attenzione della stampa sul tema del mancato accesso ai farmaci essenziali, e di aprire un dibattito sulle ragioni degli stock out

In Kenya, l’agenzia centrale per la distribuzione dei farmaci Kenya Medical Supplies Agency (KEMSA) è stata sotto il mirino della campagna, rivolta al ministero della Salute da cui KEMSA dipende. Inefficienza e mancanza di trasparenza nella gestione della distribuzione sono stati diagnosticati come gli ostacoli più importanti all’accesso. Dopo una prima fase di negazione del problema durata cinque mesi a colpi di comunicati stampa, alla fine il ministro della Sanità Anyang Nyongo ha dovuto riconoscere alla radio in Kiswahili ‘Q FM’ che la realtà era diversa, che l’accesso ai farmaci non è garantito in Kenya, e ha dovuto impegnarsi con il parlamento per un aumento dei fondi destinati all’acquisto di farmaci essenziali nel Paese. 

In Malawi, la questione dell’accesso ai farmaci è stata usata in coincidenza con le elezioni parlamentari e presidenziali, e ha travolto inaspettatamente i candidati attraverso la mobilitazione delle comunità e della società civile su pochi decisivi punti: 1. impegno ad assicurare la disponibilità dei medicinali essenziali; 2. migliorare l’accesso ai farmaci e ai servizi essenziali nel Paese; 3. nuova azioni per favorire una migliore distribuzione di farmaci in Malawi; 4. impegno per una maggiore trasparenza nella gestione dei farmaci nel settore pubblico. La mobilitazione ha avuto un notevole sostegno da parte dei mass media, soprattutto radiofonici. 

In Uganda la battaglia per i farmaci essenziali si è intrecciata con il tema della tubercolosi. Un clamoroso caso di stock out di farmaci era stato denunciato infatti all’ospedale Mulago Hospital, la struttura di riferimento nazionale per la tubercolosi, e le organizzazioni della campagna hanno colto la palla al balzo. La denuncia sull’assenza di medicinali ha colto l’attenzione della stampa nazionale e regionale, ivi compresa la denuncia rivolta al governo ugandese di violare i diritti fondamentali dei suoi cittadini, costringendo il ministro della Salute ad apparire in prima serata in televisione per dare conto della situazione dei farmaci essenziali in Uganda e ammettere le responsabilità del governo in questo campo. 

Non si può, dunque, dire che alcuni risultati non siano stati raggiunti, grazie alla tecnologia e alla sua interazione sapiente con le modalità classiche della pressione sui governi e gli altri interlocutori istituzionali. Le ammissioni e gli impegni televisivi sulla scia dei media non bastano, e la campagna sta lavorando con assiduità, grazie anche alla rete e alla mobilitazione globale, per assicurare lo scenario di cambiamento per la vita della gente. Quella reale.

 

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