Date ragione della speranza che è in voi
Cari tutti, amici e amiche, mi dispiace moltissimo di non essere con voi, ma sarò lontana per un impegno già previsto con le donne africane. Tuttavia mi sento sollecitata a partecipare con un intervento indiretto a causa del disagio che condiviamo in questo tempo difficile.
Alle difficoltà della transizione storica che viviamo e che disorienta molti si aggiunge la sconforto per una Chiesa, la nostra Chiesa, che ha paura del futuro e, quindi, nega (rinnega?) la speranza. Sono consapevole che ognuno sa e può trovare risorse personali di fede e di carità (dove due o tre nel mio nome...), ma resta il vincolo di ritenere che la Chiesa istituzionale esercita un’autorità da molti recepita come detentrice unica della parola di Dio che, anche se recepita come consolatoria e sacra, impone obbedienza e agisce socialmente come potere formalmente equiparato.
Accade così che l’ordinario militare accetti la guerra afgana come luogo di “profezia del bene comune” adottando - con l’aggravante della sacralità - il linguaggio del militare che giustifica l’uso delle armi nelle “missioni di pace”. Mons. Fisichella ha proposto di "contestualizzare" l’uso della bestemmia sguaiata del Presidente del Consiglio. La richiesta avanzata da un uomo politico per rimuovere la tomba del boss della Magliana Enrico De Pedis dalla “chiesa” di sant’Apollinare viene ricusata “in attesa” di atti formali delle autorità civili. Benedetto XVI nella visita in Inghilterra ha giustamente stigmatizzato i reati di pedofilia commessi dal clero cattolico, ma non ha valorizzato certo l’ecumenismo ripetendo la disponibilità della Chiesa di Roma all’accoglienza dei preti che abbandonano l’anglicanesimo. Il portale della Fidae riporta le normative del governo senza commento e presenta in Senato a Schifani e Gelmini la ricerca sulla scelta delle famiglie per la scuola paritaria come un punto di vista economico. Per la giornata dell’alimentazione il Papa ha condannato ancora una volta il sistema consumistico ed egoista dei Paesi ricchi, ma non ha sentito il dovere di destinare una somma simbolica alla Fao come solidarietà alle organizzazioni laiche internazionali. E in continuazione ci mortifica la lettura delle “Vaticano Spa” e delle speculazioni e riciclaggi di Ior ed enti connessi.
Come alimentare nella società - condannata perché secolarizzata - la speranza, che è la più difficile delle teologali? Chi si sente responsabile della Chiesa perché è Ekklesia, come noi delle CdB debbono ri-divulgare (perché le date lontane del Concilio lo rendono simile, per chi non era ancora nato, al Tridentino) almeno le riflessioni del Vaticano II sulla povertà della Chiesa per divulgare che è sempre vero ciò che è detto nei Vangeli.
“Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che pagate la decima sulla menta, sull’anéto e sul cumìno, e trasgredite le prescrizioni più gravi della Legge: la giustizia, la misericordia e la fedeltà. Queste invece erano le cose da fare... Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che assomigliate a sepolcri imbiancati: all’esterno appaiono belli, ma dentro sono pieni di ossa di morti e di ogni marciume. Così anche voi: all’esterno apparite giusti davanti alla gente, ma dentro siete pieni di ipocrisia e di iniquità... Guai a voi, scribi e farisei ipocriti, che divorate i beni delle vedove, pur sotto pretesto di lunghe preghiere: voi subirete per questo una condanna più severa... Guai a voi, guide cieche, che dite: ‘Se uno giura per il tempio, non conta nulla; se invece uno giura per l’oro del tempio, resta obbligato’. Stolti e ciechi! Che cosa è più grande: l’oro o il tempio che rende sacro l’oro? E dite ancora: ‘Se uno giura per l’altare, non conta nulla; se invece uno giura per l’offerta che vi sta sopra, resta obbligato’. Ciechi! Che cosa è più grande: l’offerta o l’altare che rende sacra l’offerta? Ebbene, chi giura per l’altare, giura per l’altare e per quanto vi sta sopra; e chi giura per il tempio, giura per il tempio e per Colui che lo abita. E chi giura per il cielo, giura per il trono di Dio e per Colui che vi è assiso”. (Mt 23, 13-28)