Invece della coca
Mi trovo in Colombia al nord della regione del Cauca. Zona conflittiva, la chiamano. Qui si confrontano militarmente le FARC (Fronte Armato Rivoluzionario Colombia) e l’esercito nazionale. Dietro le quinte, ma neanche tanto, gli spietati paramilitari. Da anni questo territorio è controllato militarmente dalla guerriglia. Come un’ombra invisibile dietro ciascuno di questi attori ci sono i narcos con i loro interessi che proprio da queste parti attingono molte delle loro ricchezze lasciando nella fame i contadini. A custodire tradizioni, a difendere la terra e la cultura, ad alzare la voce contro le violenze e i soprusi, le organizzazioni indigene. Una fitta rete di iniziative, di assistenza, di cammini nuovi tessuti alla luce dei valori antichi del popolo NASA che venera la Pacha Mama, la Madre Terra, da cui traggono ogni sostentamento. Molti contadini seminano e raccolgono coca. Quattro raccolti all’anno. L’unico prodotto che si riesce a vendere e da cui si ricava il necessario per vivere. Incontro i contadini e i rappresentanti delle loro organizzazioni. Provo a proporre loro l’ipotesi di colture che possono essere trasformate in loco e commercializzate dal circuito del commercio equo insieme ai prodotti di Libera confiscati alle mafie. A conti fatti renderebbe loro almeno quanto la coca. Sono tutti d’accordo. A loro darebbe dignità e per noi significherebbe tagliare “l’erba” sotto i piedi dei narcos. Il vero lavoro comincia adesso.