TERRASANTA

Una pace necessaria

In esclusiva per Mosaico di pace, Amoz Oz e la pace tra Palestina e Israele.
Tra proposte, colloqui, dissidi e fanatismi è importante imparare ad ascoltare.
Perché la guerra finisca.
Intervista a cura di Francesco Comina

La pace verrà. Sarà drammatica. Brucerà come il sale brucia le ferite ancora aperte. Non ci saranno cori, nessuna chitarra suonerà. Dominerà la paura, il pianto, e su tutto si stenderà un velo di tristezza e di rassegnazione. Eppure la pace verrà perché sarà necessaria.

Amos Oz non ama infiocchettare i discorsi. Ha un realismo spregiudicato. Non sopporta il sentimentalismo di un pacifismo demodè. E nemmeno l’idealismo sdolcinato che immagina scenari impossibili. La pace in Medioriente nascerà, né troppo presto né troppo tardi. Non ci sono alternative. L’unico scenario concreto per evitare un continuo bagno di sangue è la creazione di due Stati indipendenti, quello israeliano e quello palestinese. Tutto il resto è guerra politica, lotta di potere, rendita elettorale, cinismo di palazzo.

Il più rappresentativo scrittore israeliano è stato ospite del Centro per la Pace del Comune di Bolzano e della Provincia di Trento per un incontro nell’ambito della rassegna “Dialoghi internazionali: se vuoi la pace prepara la pace” che sta portando in Trentino Alto Adige alcuni dei grandi nomi della cultura della pace e della letteratura internazionale (da Enrique Dussel a Mempo Giardinelli, da Luis Sepulveda a Serge Latouche, dagli Inti Illimani a Rigoberta Menchù). 

Amos Oz, sono ripresi i colloqui di pace fra Israele e Palestina ma subito emergono dissidi intorno alla questione dei nuovi insediamenti in Cisgiordania. 

Israele è un Paese particolare. Per rappresentarlo nel modo migliore ci vorrebbe l’immaginario di Fellini. Siamo otto milioni di abitanti, o per meglio dire, otto milioni di primi ministri, otto milioni di profeti e otto milioni di messia. Tutti hanno una visione particolare di redenzione. Nessuno ascolta l’altro. Io sono fra i pochi che lo fanno perché l’ascolto è la fonte primaria della mia professione. Ascoltando gli altri posso raccontare gli umori e le aspirazioni della gente. Non so se i colloqui avviati in questi giorni porteranno al giusto compromesso. Se non sarà questa volta, sarà la prossima. So che non ci sono alternative. La maggioranza degli israeliani e dei palestinesi è pronta al dolore della pace.

Come immagina concretamente questa pace necessaria?

Ci saranno due Stati. Sarà come dividere la casa in due appartamenti. Si tornerà ai confini che c’erano prima del 1967. Israele si ritirerà dalla Cisgiordania. Bisognerà pensare a come garantire la sicurezza smilitarizzando i territori. Gerusalemme capitale divisa avrà due ambasciate, una di fronte all’altra. Ci saranno questioni spinose come quella dei rifugiati. Israele ha accolto più di un milione di persone dai Paesi arabi. Il futuro Stato palestinese ne dovrà accogliere seicentomila. Ripeto: sarà una pace dura, piena di spine, ma inevitabile. Quando l’avremo raggiunta Israele dovrà liberarsi dell’atomica perché non avrà più alcun significato strategico.

Come ha reagito davanti alle minacce del pastore evangelico americano Terry Jones di voler bruciare copie del Corano nei giorni del ricordo dell’11 settembre?

Il fanatismo è il vero problema della nostra storia. Non sono mai stato d’accordo con le tesi del politologo americano Samuel Huntington, che vede il mondo schiacciato da uno “scontro di civiltà”. Il punto drammatico del conflitto odierno sta nello scontro fra il fanatismo e il resto del mondo. I fanatici sono ovunque e sono un pericolo. Tutti dovrebbero esser più consapevoli della crescita del fanatismo. Il fanatico è talmente altruista che nega gli altri. Qui si nasconde il cuore macabro della violenza.

Il rapporto fra Israele e la Turchia si è incrinato dopo l’attacco alla nave “Freedom Flottilla” in rotta verso Gaza. Lei fu uno dei pochi scrittori israeliani a condannare l’assalto israeliano che ha provocato morti e feriti.

Sì è vero. La maggioranza degli israeliani approvò l’intervento dell’esercito. Ho parlato di atto stupido, fra l’altro avvenuto in acque internazionali. Israele aveva tutto il diritto di controllare se ci fossero state a bordo armi. Ma non in quel modo. La Flottilla però ha raggiunto un risultato importante: è stato sospeso l’embargo a Gaza. 

Come giudica la corsa al nucleare dell’Iran?

L’Iran minaccia di distruggere e annichilire uno Stato membro della Nazioni Unite. È uno scandalo e un oltraggio. Non è mai accaduta una cosa del genere. È molto pericoloso che un regime del genere possegga il nucleare. Non è un problema israeliano, è un problema mondiale.

Non ha mai pensato di lasciare Israele e venire in Europa? Nei giorni scorsi si parlava di una “tentazione” di Grossman.

David Grossman è stato frainteso. Non ha nessuna intenzione di lasciare Israele. La stessa cosa vale per me. Amo troppo questa terra per lasciarla. Anche quando mi arrabbio lo faccio con un sentimento di amore. Sulla mia scrivania tengo due penne, una blu e una nera. Con quella blu scrivo i miei romanzi, con quella nera mando a quel paese il mio governo. Ma in entrambi i casi scrivo con la passione di chi ha a cuore la vita. Per me la vita viene prima di tutto. 

 

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