EDITORIALE

Allarmati!

Alex Zanotelli

“Quando tanti popoli hanno fame, quando tante famiglie soffrono la miseria, quando tanti uomini vivono immersi nell’ignoranza, quando restano da costruire tante scuole... ogni sperpero pubblico o privato, ogni spesa fatta per ostentazione nazionale o personale, ogni estenuante corsa agli armamenti diviene uno scandalo intollerabile. Noi abbiamo il dovere di denunciarlo. Vogliano i responsabili ascoltarci prima che sia troppo tardi”(Paolo VI, 1967 Populorum Progressio, n.53). Sono parole che potrebbero risuonare con drammatica attualità ancora oggi. Nelle nostre chiese, per esempio, proprio a Natale, quando si celebra la nascita del Principe della Pace. Dobbiamo riscoprire il coraggio profetico di un Magistero della Chiesa che ha condannato senza se e senza ma la guerra e la corsa agli armamenti con innumerevoli documenti che rischiano di restare a prendere polvere in qualche scaffale. Lasciando il posto a nuove teorie basate sulla sicurezza, sulla competitività e sulla fedeltà agli alleati. Al calcolo e all’interesse e non alla freschezza di un annuncio evangelico. Proprio mentre davanti agli occhi di tutti c’è la tragedia della guerra in Afghanistan (non l’unica), ogni invocazione di pace, ogni ricerca di strade diverse dalla guerra, rischia di essere tacciata di antipatriottismo o di tradimento. Proprio di fronte alla retorica della pace ottenuta con la guerra, deve essere più forte il grido di pace contro le armi. Come 20 anni fa con la Campagna “contro i mercanti di morte” che ha portato alla legge 185/90, universalmente riconosciuta come la più avanzata sul controllo dell’export di armi. Legge che rischia di essere cancellata, con la scusa di un adeguamento alla legislazione europea. “In piedi costruttori di pace” ci avrebbe chiesto don Tonino, se fosse stato con noi, lo scorso 23 novembre, al presidio davanti al Senato per chiedere trasparenza sulla riforma della legge 185. L’esportazione di armi italiane va a gonfie vele: quasi 5 miliardi di euro autorizzati nel 2009. Se cambia la legge non ci sarà più controllo, non potremo più sapere a chi abbiamo venduto armi. Non sarà più possibile incalzare le banche perchè non sarà più possibile sapere quali di esse sono armate e quali no. In piedi allora! Riprendiamo con forza la denuncia delle guerre. L’ammontare complessivo delle spese per la Difesa per il 2011, inserendo lo Sviluppo Economico e le Missioni, supera 24 miliardi di euro. Si taglia tutto ma non le armi. In questi giorni siamo stati vicini alle proteste degli studenti contro la riforma della scuola: denunciavano i tagli alla ricerca mentre ci sono 15 miliardi per gli aerei da guerra F 35.
Siamo di fronte a una politica succube dei potentati economico- finanziari, delle grandi lobby delle armi, Alenia e Finmeccanica in testa.
Dobbiamo riscoprire il primato della coscienza e della disobbedienza civile. Dobbiamo insistere perchè venga riconosciuto il diritto di dichiararsi obiettore davanti allo Stato: per questo il 23 novembre abbiamo tenuto una conferenza stampa a Palazzo Madama, per chiedere al Governo di aprire un albo di obiettori a chi ne fa richiesta, indipendentemente dal servizio di leva.
Dobbiamo ritornare a parlare di armi, a chiedere conto ai politici, qualunque sia il Governo che avremo davanti. C’è bisogno di risvegliarsi da un sonno durato forse troppo tempo. Dobbiamo mobilitarci come Chiesa, come associazioni e movimenti, come società civile. Con lo spirito di 20 anni fa, che ha portato alla legge 185, anche se molte cose sono cambiate, anche se il mondo è cambiato. Dobbiamo dire no a questa logica di morte, per una democrazia che investa sulla vita. Perché non approfittare della festa del Natale e del Capodanno per rilanciare con forza il movimento (con bandiere della pace ai balconi) fino alla Marcia Perugia-Assisi nel suo 50° anniversario (25 settembre 2011)?
È questa la grande sfida che ci attende.
In piedi, costruttori di pace!

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