Sempre più le religioni
Da qualche settimana gli interventi di Benedetto XVI hanno suscitato attenzione e consenso e sono attesi con ottimismo risultati positivi dalle misure antiriciclaggio da applicare anche allo Ior secondo le normative europee. Magari sarebbe il caso anche di vietare ai cardinali l’accettazione degli inviti a cene con il Presidente del Consiglio italiano pur con la santa intenzione di ottenere benefici per lo Stato-città del Vaticano.
Per le religioni sono tempi difficili e sarebbe necessario che tutte, pur nella massima attenzione per le situazioni politiche, facessero riferimento a ciò che è costitutivo della loro ragion d’essere: i principi delle diverse fedi sono meno lontane fra loro degli interessi contingenti che le dividono. Addirittura si potrebbero ricavare effetti politici proprio dal chiamarsi ad essere testimoni sul terreno dei propri fondamenti.
Quindi, bene fa il Papa se, di fronte alla pericolosa escalation anticristiana in aree di prevalente fede islamica, interpella i governi perché impediscano le violenze e ne controllino il diffondersi: si tratta di giuste pretese conseguenti giuste relazioni fra stati. Ma non è necessario che i capi delle religioni si sentano capi di stato: possono aiutare a rimediare danni parlando civilmente tra loro all’interno delle rispettive vocazioni originarie.
I cristiani hanno lunga esperienza di potere esercitato con la forza di quelle armi che il Vangelo ripudia. Solo da poco è entrata nell’uso comune la parola “nonviolenza” come attributo del comportamento cristiano che lo stesso Benedetto XVI raccomanda; ma non si può dimenticare che nei paesi dell’altra sponda mediterranea è ancora ferma nell’immaginario collettivo la spada che i crociati alzavano prima dell’attacco come se fosse la croce, con una simbologia che oggi appare assolutamente blasfema, ma che mantiene in Medioriente il termine “crociati” come equivalente di cristiani.
Le ragioni dei conflitti sono quasi sempre estranee alle differenze religiose, anche se spesso le chiese si fanno competitive e cercano interessate conversioni con pratiche non coerenti al senso di quella verità di cui tutti siamo alla ricerca. Per questo bisognerebbe evitare che i cristiani (!) aggredissero l’imam recatosi a porgere le condoglianze per le vittime della follia di un kamikaze, e che lo stesso reggente dell’università di Al Azhar (il più importante centro islamico non solo dell’Egitto) respingesse le “ingerenze della Santa Sede”. L’Islam è una cosa seria. Come il Cattolicesimo. Quando esplode una violenza incompatibile con i valori sacri dell’umanità, gli stati fanno (o non fanno, se così comportano gli interessi del momento) agire la diplomazia per contenere il degenerare delle vendette; ma le religioni dovrebbero richiamare se stesse alla forza della verità e rammaricarsi per la scarsa fedeltà alla parola di Dio che hanno saputo trasmettere. Altrimenti, come essere pacifici nel senso di “facitori di pace” rifiutando le dubbie difese dei governi? Altrimenti, quali saranno mai i valori irrinunciabili?