L’escalation militare USA e NATO in Pakistan

13 gennaio 2011 - Antonio Mazzeo

Solo due mesi fa il Congresso Usa aveva approvato un piano quinquennale di due miliardi di dollari in aiuti al Pakistan per potenziare qualitativamente e quantitativamente le operazioni militari di contrasto dei Talibani che si nasconderebbero nelle aree di confine con l’Afghanistan. Adesso l’amministrazione Obama vuole accrescere il contributo finanziario statunitense “in modo da rispondere alle lagnanze degli ufficiali pakistani insoddisfatti per la scarsa comprensione delle loro priorità militari da parte di Washington”, secondo quanto rivelato da fonti diplomatiche Usa al quotidiano The Washington Post. Il nuovo piano di “assistenza militare” predisposto a metà dicembre, sarà presentato dal vicepresidente Joe Biden la prossima settimana quando incontrerà in Pakistan il capo delle forze armate generale Ashfaq Kayani ed altri leader governativi. “Il vicepresidente chiederà ai pakistani di articolare per la regione una strategia comune a lungo termine e di specificare il tipo di assistenza di cui hanno bisogno per intervenire con successo contro i rifugi dei Talibani nelle aree di frontiera con l’Afghanistan”, scrive l’autorevole quotidiano.

Il bilancio per l’anno fiscale 2011 prevede la fornitura alle forze armate pakistane di elicotteri, sistemi d’arma ed attrezzature per l’intercettazione delle telecomunicazioni nell’ambito del cosiddetto “United States’ Foreign Military Financing (FMF) program”, il programma di contributi e crediti finanziari ai paesi alleati per l’acquisto di armamenti e apparecchiature di difesa prodotti negli Stati Uniti. È pure prevista l’assistenza diretta delle forze armate pakistane in “operazioni di contro-insorgenza” e la realizzazione di corsi di formazione per gli ufficiali nei college militari Usa. Contemporaneamente ai due miliardi di dollari del programma “FMS”, il Congresso ha pure approvato uno stanziamento di 7,5 miliardi per l’“assistenza non militare contro il terrorismo” a “sostegno delle infrastrutture del paese, del suo sviluppo economico e delle sue necessità di sicurezza”. Dall’11 settembre 2001 alla fine del 2009, Washington ha già fornito al regime di Islamabad più di 12 miliardi di dollari in aiuti militari, tra cui alcuni cacciabombardieri F-16 in grado di trasportare armi convenzionali e nucleari.

“Il nuovo programma a favore delle forze armate del Pakistan rappresenta un cambio significativo nella visione dell’amministrazione Obama”, spiega The Washington Post. “Si chiede d’intervenire maggiormente per rafforzare la stabilità economica, particolarmente nel settore delle politiche fiscali e delle relazioni del Pakistan con le istituzioni finanziarie internazionali. L’amministrazione Usa pianifica di intensificare gli sforzi per creare una pace regionale a dispetto della frustrazione per l’insufficiente impegno degli ufficiali pakistani nella lotta contro i gruppi terroristi nelle aree tribali del paese”. In vista di un’escalation del conflitto contro i Talibani, Washington è dunque disponibile ad ingoiare il rospo della “debole” offensiva terrestre lanciata in ottobre contro le milizie filo al-Qaeda dalle truppe pakistane (140.000 uomini) nel nord Waziristan, parallelamente al bombardamento massiccio da parte Usa con l’utilizzo di missili aria-terra e aerei senza pilota UAV. Un “disimpegno” fortemente stigmatizzato dai più alti responsabili dell’intelligence e delle forze armate statunitensi, primo fra tutti il generale David H. Petraeus, comandante delle operazioni in Afghanistan, che in più occasioni ha proposto di utilizzare, anche senza il consenso di Islamabad, i reparti terrestri per scatenare raid “mirati” contro le roccaforti degli insorti al confine Pakistan-Afghanistan. “Obama e i suoi principali collaboratori in tema di sicurezza si sono tuttavia opposti a questi suggerimenti - spiega The Washington Post – in quanto ritengono che gli Stati Uniti non possono permettersi di minacciare o poi alienarsi un paese così precario dotato di armi nucleari, la cui cooperazione con l’amministrazione è essenziale su diversi fronti”. Da qui il “premio” in armi aggiuntivo predisposto dal presidente Obama a favore del regime asiatico.

Nonostante le “cautele” di Washington, sarebbe in atto una vera e propria escalation delle missioni coperte in Pakistan. Da indiscrezioni stampa sarebbe stato avviato lo schieramento di un battaglione del III Gruppo delle Forze Speciali Aviotrasportate (3rd Special Forces Group - Airborne), forza d’elite USA di stanza a Fort Bragg, Nord Carolina. Già ampiamente impegnato nello scacchiere afgano, il III Gruppo delle Special Forces avrebbe come compiti primari “l’azione diretta, l’intelligence e il riconoscimento, l’assistenza alle forze di sicurezza, le operazioni congiunte civili-militari e la fornitura di servizi alle popolazioni locali”.

Il vice-ammiraglio Michael LeFever ha ammesso che “da 60 a 120 addestratori” appartenenti ai Berretti Verdi dell’US Army e alle unità speciali dell’US Navy e del Corpo dei Marines “operano a fianco dei militari pakistani e dei Corpi di frontiera fornendo addestramento all’uso di visori notturni e al tiro di precisione”. “Gli Stati Uniti – ha aggiunto LeFever – stanno aiutando i militari pakistani a realizzare un proprio laboratorio forense altamente specializzato per analizzare gli esplosivi artigianali che vengono sempre più utilizzati contro le truppe pakistane e i militari afgani e statunitensi nelle aree di frontiera”. Le forze armate statunitensi condividono inoltre con i servizi segreti di Islamabad i dati d’intelligence raccolti dagli aerei spia, cogestendo i centri di sorveglianza satellitare di Peshawar, Quetta e Landi Kotal.

La CIA ha inviato nel paese più di 200 agenti, il numero più alto impegnato all’estero dopo l’Iraq. Il contingente lavorerebbe a fianco del personale “civile” e militare Usa specializzato in comunicazioni elettroniche e spionaggio satellitare presso una base area a Shamsi, nella provincia sudoccidentale del Baluchistan. Da Shamsi e da una base CIA a Jalalabad (Afghanistan) verrebbero lanciati gli attacchi con aerei telecomandati del tipo “Predator” o “Reaper” contro obiettivi nemici in territorio pakistano. L’uso degli UAV con bombe a caduta libera e missili anticarro “Hellfire” è enormemente cresciuto con la presidenza Obama: nel solo 2010 sarebbero stati eseguiti un centinaio di raid nel nord e sud Waziristan, molto più di quanto fatto dalla CIA nel corso dell’intera amministrazione Bush. I raid sono stati causa di profonde divergenze tra le forze armate pakistane e i comandi del contingente multinazionale in Afghanistan, data la sanguinosa sequenza di “incidenti” che hanno visto decine di cittadini innocenti morire sotto i bombardamenti Usa. Come ritorsione all’attacco di due elicotteri d’assalto, “non autorizzato”, che ha causato in ottobre la morte di sei soldati pakistani, le autorità nazionali hanno interdetto per una decina di giorni l’utilizzo di una delle rotte vitali nella regione nord-occidentale del Pakistan creando non pochi problemi all’approvvigionamento delle truppe NATO in Afghanistan.

Alla predisposizione dei piani di attacco dei “Predator” collaborerebbero gli uomini di uno dei più famigerati contractor privati statunitensi, la Xe Services and US Training Center, già Blackwater. Guardie del corpo della società vigilerebbero sulle diverse installazioni utilizzate in Pakistan dalla CIA e dalla Defense Intelligence Agency. Secondo una documentata inchiesta dal titolo “The Secret US War in Pakistan”, pubblicata nel novembre 2009 da The Nation, Blackwater opererebbe direttamente pure per conto del governo pakistano nelle province nord-occidentali in “operazioni speciali anti-terrorismo”, compresi “raid in abitazioni private” e “interdizione dei confini”. Un team della società contractor è presenti inoltre a Karachi agli ordini dell’US Joint Special Operations Command (JSOC) e di una task force di base presso il grande scalo aereo di Bagram, Afghanistan. Oltre alla pianificazione degli attacchi con UAV, la Blackwater di Karachi coopera alle missioni super-segrete delle forze armate Usa contro i militanti del “Movimento Islamico” in Uzbekistan.

A stemperare le tensioni Washington-Islamabad ha particolarmente contribuito il sostegno delle forze armate Usa alle popolazioni vittime dell’alluvione che ha duramente colpito il paese nel luglio 2010. L’“intervento umanitario”, come ormai accade a livello planetario, è stata sapientemente utilizzato per migliorare l’immagine degli Stati Uniti e rafforzare la propria presenza militare nel paese. Il Pentagono è così riuscito a schierare stabilmente e senza generare particolari proteste, alcuni elicotteri da guerra “Chinooks” e “Black Hawks” nella base aerea di Ghazi, a una quarantina di chilometri dalla capitale. Anche la NATO ha potuto rafforzare i suoi legami con il regime pakistano dopo aver avviato nell’agosto 2010 un ponte aereo con le basi europee per la fornitura agli sfollati di beni alimentari e sanitari, tende e ospedali da campo. Grazie ad un altro disastro naturale, il terremoto che aveva devastato il Pakistan nell’ottobre 2005, la NATO aveva potuto rendere più stabili le relazioni con le forze armate nazionali in vista di un maggiore coinvolgimento pakistano nella guerra “globale” e “permanente” al terrorismo. Per l’occasione Bruxelles poté attivare gli uomini della neo-costituita Forza di Risposta Rapida NATO “NRF” e l’anno dopo i primi ufficiali pakistani parteciparono ai “corsi di formazione” nella Scuola NATO di Oberammergau, Germania. Nel gennaio 2007 fu attivato a Kabul il Joint Intelligence Operations Centre (JIOC), un centro tripartito Afghanistan, ISAF (la forza multinazionale a guida NATO in Afghanistan) e Pakistan per sviluppare e coordinare le operazioni d’intelligence e la cooperazione militare nel contesto di guerra afgano. Il punto di svolta nella partnership con Islamabad è stato segnato dal vertice NATO di Strasburgo e Kehl dell’aprile 2009, quando fu sottoscritto un documento finale che impegnava l’Alleanza a “rafforzare la cooperazione con tutti i paesi confinanti con l’Afghanistan, specialmente il Pakistan”. Nell’occasione fu varato un articolato programma finalizzato alla formazione e all’addestramento degli ufficiali pakistani.

Quando a metà gennaio 2011 la NATO comincerà ad utilizzare i giganteschi aerei radar AWACS (Airborne Warning and Control System) contro i Talibani, è prevedibile che anche lo spazio aereo pakistano sarà assai utilizzato per i voli-spia. Il trasferimento degli AWACS NATO è stato richiesto dagli Stati Uniti che avevano utilizzato sino ad oggi propri velivoli radar per le operazioni di intelligence e sorveglianza. La nuova missione in Afghanistan è però particolarmente osteggiata dalla Germania, paese che guida la forza alleata AWACS. Per garantire la piena operatività degli aerei sarà necessario l’invio aggiuntivo nello scacchiere di guerra di un centinaio di militari tedeschi, opzione non condivisa dalla maggior parte delle forze politiche e dell’opinione pubblica nazionale.

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