Perdere lavoro e vita a trent’anni

17 gennaio 2011 - Tonio Dell'Olio

Trent’anni, la buona sorte di un lavoro e di una famiglia. Una moglie e un bimbo piccolo piccolo. Poi il licenziamento motivato per aver cambiato cinque buoni sconti da un euro nel supermercato in cui lavorava come commesso. Senza attendere il responso del giudice del lavoro cui aveva fatto ricorso tramite il sindacato, P.C. si è tolto la vita lasciando un biglietto indirizzato a sua moglie. Fin qui la cronaca scarna che arriva da Ragusa. Le considerazioni sarebbero invece tantissime. L’importanza del lavoro per la vita di una persona. Per tanti il lavoro è la vita e senza il lavoro non ci può più essere nemmeno la vita. Un senso di responsabilità verso se stessi e i propri cari. Un grido di indignazione e rabbia che non basta il fiato che hai in gola e lo gridi con tutto te stesso. Con la tua vita appunto. Perché arrivi lontano, perché qualcuno lo ascolti. Queste poche righe per dar più voce a quel grido.

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