Messico ostaggio della criminalità

4 febbraio 2011 - Tonio Dell'Olio

Ci sono città in Messico, dove a governare sono le bande criminali, i cartelli della droga. Gli abitanti sono letteralmente ostaggio dei narcos che impongono il coprifuoco, danno ordini alla polizia e al sindaco, impediscono alla gente di uscire di casa. Gente inerme viene quotidianamente coinvolta negli scontri a fuoco tra clan rivali o nei conflitti con i militari. Avviene così a Ciudad Juarez, a Zacatecas, a Tijuana, a Guadalupe... È drammatico. Una bancarotta delle istituzioni e della democrazia. Il governo non ce la fa. Sono ragioni sufficienti per chiedere uno sforzo della comunità internazionale, una solidarietà straordinaria, un intervento più deciso. Sembra quasi che i parametri di allerta delle Nazioni Unite e del Consiglio di Sicurezza riguardino schemi di conflitto antichi. Ma in Messico il livello di allarme ha da lungo tempo superato quello di Afghanistan e Iraq, giusto per fare due nomi a noi più familiari. Più di 30.000 persone uccise dal 2006 ad oggi. La gente che è obbligata dalla paura e dalla legge imposta dai narcos a restare in casa, si sfoga su facebook lanciando veri e propri SOS. Ma forse coloro che devono raccogliere l’allarme non hanno dimestichezza con questi mezzi o sono distratti. D’altra parte se solo guardiamo alla politica nostrana abbiamo l’impressione che questioni di questo genere siano lontane anni luce.

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