Pacifisti, soldati e guerre
http://www.ilgiornale.it/esteri/quel_pacifista_ultra_che_odiava_israele/16-04-2011/articolo-id=517600-page=0-comments=1).
Dopo aver letto il suo articolo di oggi, per cercare di capire chi era in grado di affermare certe cose ho visitato il suo sito (www.faustobiloslavo.com); mi sono innanzitutto reso conto che lei, al pari di un soldato, della guerra è riuscito a farne una professione. Per questo, l’unica spiegazione che riesco a darmi, su come abbia potuto scrivere e pubblicare quelle cose nel Giornale, è, dunque, che lei è talmente abituato, da decenni ormai, alla guerra, da non essere nemmeno più in grado di percepire la possibilità di prospettive di vita diverse.
Di fronte a un conflitto, non si può essere imparziali, come (forse, ma solo in teoria) il lavoro giornalistico richiede: un uomo 'normale' non può mettere sullo stesso piano aggressori e aggrediti; non si può dunque screditare chi prende una posizione a favore delle vittime, e su questa scelta addirittura rischia la propria vita. Lei, che oggi accusa, forse non hai mai preso le difese di nessuno, col pretesto che l’essere imparziale sia un valore primario.
Il pacifismo, come quello estremo di Vittorio - che lei disprezza tanto nel suo articolo – è il segno di una cultura diversa da quella che, suppongo, sia la sua, nella quale la guerra assume un interesse oserei dire 'innaturale', come è innaturale – benché forse lei non se ne renda nemmeno conto - il mestiere del soldato che, sposando la violenza, accetta e procura la distruzione del mondo e degli esseri umani (con la pretesa di farci credere che li difende). Crede davvero che Vittorio Arrigoni si sia comportato alla stregua di un soldato (che è al soldo di uno dei due eserciti che si combattono), da poter fare, parlando della sua scelta di vita, questo tipo di paragone?
Il suo libro 'Gli occhi della guerra' non poteva avere titolo più adatto: quello è, infatti, il suo contributo al nostro mondo. Purtroppo, 'gli occhi della guerra' che lei ha sono in grado soltanto di ritrasmettere nelle nostre case la disperazione, essendo ormai incapaci di vedere gli orizzonti nuovi che solo gli occhi della pace - che mai si arrendono alla disperazione - riescono a vedere.
Mi dispiace dirlo, ma forse lei, in questo momento, è più morto di Vittorio.