Rom di Giugliano: vergognamoci!!
Nel silenzio più totale dei cittadini e della stampa continua la tragica storia dei rom di Giugliano (Napoli). Ultimo episodio: la morte all’ospedale di Giugliano del piccolo Enrico di tre mesi. Il lattante era stato sfrattato con i suoi genitori, Giared e Grana, e i due fratellini nella demolizione del campo rom di Giugliano per finire con altre famiglie in un suolo a fianco del supermercato Auchan. Sono andato a confortare la famiglia. Ho trovato il papà di Enrico seduto su un mucchio di stracci accanto al suo vecchio furgone con i vetri tutti rotti dove aveva dormito il piccolo Enrico. Mi sembrava un moderno Giobbe: “Ma perché Dio mi ha portato via il mio bambino di tre mesi? - mi interpella in tono irato. Ma che Dio è mai il tuo? Capisco che può portare via un anziano, ma un bambino!!! Sono stato da padre Pio, sono stato alla Madonna Incoronata di Foggia… e cosa ho ottenuto? Dimmi: a cosa serve pregare ?Demolirò tutte le Madonne che vedo in giro!!!”. Poi guardandomi in faccia mi dice: “Che cosa ci fai tu dentro la Chiesa? A che servono le Chiese?”.
Le sue parole sono sassi, più taglienti dei coltelli. Mi feriscono dentro. Ammutolisco. Gli stringo forte la mano e mormoro solo: “Coraggio!”.
Mille domande mi ronzano dentro. Dov’è la Chiesa in tutta questa tragedia dei rom di Giugliano? Dove sono i cristiani? È possibile che le comunità cristiane che hanno appena celebrato la Pasqua , non si siano accorte della tragedia di 500 rom sbattuti per le campagne?
E sono riandato a quel drammatico 12 aprile, il giorno in cui le ruspe, protette da un grande dispiegamento di polizia, esercito, vigili hanno distrutto le baracche dei 13 piccoli insediamenti, collocati nell’area industriale, che ospitavano 700 rom profughi della guerra in Iugoslavia e residenti a Giugliano da oltre venti anni.
La decisione di demolire il campo era stata presa dalla Procura di Napoli perchè quel luogo era pieno di rifiuti tossici. “Benissimo” – risposi al magistrato che mi aveva spiegato la ragione ,ma dove andranno i rom? La risposta fu: “Questo non è un problema nostro!”. Per solo duecento di loro il comune di Giugliano aveva costruito un minicampo con 24 containers a fianco del vecchio campo. “Ma se tutta quell’area è piena di rifiuti tossici – dissi al magistrato – i 200 rom del nuovo campo ne saranno altrettanto colpiti dalla diossina!”.
Poco distante dal campo rom ci sono sette milioni di “eco-balle” accatastate! È questa la zona più inquinata della Campania, una vera ‘bomba ecologica’! Ma il problema sono i rom! È l’ipocrisia più totale!
Inutili tutti i tavoli di trattative sia con il comune di Giugliano sia con il Prefetto di Napoli,de Martino. La posizione del comitato campano con i rom era chiara : non è possibile rimuovere 500 rom senza offrire loro un luogo alternativo. È lo jus gentium ,direbbe Tommaso d’Aquino. Nulla da fare! La forza è più potente del diritto!
Il 12 aprile, all’alba,le ruspe, protette da un incredibile dispiegamento di forze dell’ordine, entrarono in azione demolendo uno per uno i 13 accampamenti. Quando arrivai sul posto, i rom erano già fuggiti. Li avevo esortati a rimanere e resistere con metodi nonviolenti, assicurando la mia presenza al loro fianco. Nulla da fare! Iniziai a seguire le ruspe e il personale del Comune, gridando: “Vergognatevi! Vergognatevi! Perfino Maroni ha detto che non si può demolire senza offrire un’alternativa!”Alla fine decisi di tentare il tutto per tutto. Scelsi una casetta molto carina, curata, con alberi attorno, costruita da Fikret, un bravo artigiano. Mi sedetti sulla scaletta di legno della casetta e dissi a tutti:”Di qui non mi muovo!”Ne seguì un paio d’ore di trattative con le forze dell’ordine.”Vergognatevi-dicevo ai poliziotti e al personale del Comune. Voi non potete sbattere fuori 500 rom senza offrire loro un altro spazio ove vivere!500 rom stanno ora girando disperatamente per le campagne, in cerca di uno spazio vitale!”.
La risposta era sempre quella: “Noi dobbiamo obbedire!”. E io a ribattere “Anche i nazisti dicevano così!”. Alla fine fui portato via da una decina di poliziotti della digos, mentre l’enorme ruspa spazzava via la casetta di Fikret. “Vergognatevi!” – gridavo, svincolandomi dalla morsa della digos. Ci mettemmo subito in macchina con l’architetto Alexander del comitato con i rom, per tentare di vedere il Prefetto di Napoli, che però era a Roma. Ci ricevette il capogabinetto che era stato informato del mio ostruzionismo. Riuscimmo a ottenere al tavolo la presenza di almeno due rom. “Non è una decisione nostra – ci disse – abbiamo obbedito!”.
La rabbia era tale che gli urlai: “E i 500 rom in giro per le campagne?”. La risposta gelida: “Non ci posso far nulla! Tocca al comune”.
Il mattino seguente con i rappresentanti dei rom e con i membri del comitato campano con i rom, abbiamo fatto irruzione nel comune di Giugliano. Nessuno ci ha ricevuti, se non un consigliere (perchè assenti sia il sindaco che l’assessore). Il giorno dopo, 14 aprile, sit-in con le famiglie rom davanti al comune. Finalmente a mezzogiorno il sindaco e i consiglieri comunali permettono a una delegazione di rom e del comitato di entrare nell’aula consiliare. Nuovo scontro. Non otteniamo nulla. Alla fine saluto il sindaco: “Come possiamo mangiare la Pasqua – dico al sindaco, salutandolo – mentre lasciamo all’addiaccio 500 rom con donne che allattano? La Pasqua la vivono loro! Sono immagine viva di Gesù di Nazareth, crocifisso dall’impero perché schiavo e sobillatore”.
Il 20 aprile riusciamo a intercettare il sindaco all’entrata della prefettura di Napoli. Gli strappiamo la promessa che, dopo il colloquio con il prefetto, ci avrebbe invitati al tavolo. E così avvenne. Un incontro finalmente più sereno. Ripetiamo che non possiamo lasciare 500 rom così per le campagne. Il prefetto ripete che l’accordo è che i rom troveranno uno spazio nel comune di Quarto , vicino a Pozzuoli in un terreno tolto alla camorra. I lavori inizieranno a giugno. “Ma nel frattempo?” – lo interrompo. Non possiamo trattarli peggio delle bestie”. Per questo chiediamo che: primo, i rom abbiano il diritto di rimanere indisturbati nei terreni che hanno occupato, secondo, che vengano forniti loro i bagni chimici, terzo, che venga portata l’acqua potabile nei campi e infine vengano piantate tende con posti letto. Promettono di impegnarsi.
Ma nel sopralluogo che abbiamo fatto con l’arch. Alexander, padre Pizzuti e la dott.ssa Parisi, abbiamo notato che nulla di tutto questo è stato fatto.
Abbiamo chiesto ufficialmente un altro tavolo con il prefetto e il sindaco. Qui sono violati i diritti umani più fondamentali. E noi cristiani che abbiamo appena celebrato la Pasqua, siamo sicuri di aver fatto Pasqua? Forse sono proprio loro, i rom di Giugliano che vivono la Pasqua di quel povero ebreo crocifisso fuori le mura. Sono loro che stanno ‘fuori’le nostre mura: sono i nuovi crocifissi della storia.
A quando, la Pasqua di Risurrezione per questi rom?
Napoli, 16 maggio 2011