La nonviolenza è politica
2001-2011. Dopo tante guerre e imprese armate il mondo non è più sicuro né meno spaventato. Si può continuare così? Quando comincerà una politica di pace?
Dopo l’11 settembre 2001, le azioni militari in nome dell’“antiterrorismo” hanno provocato circa 250.000 vittime in Iraq e Afghanistan e quasi 7 milioni di profughi. In dieci anni gli Stati Uniti hanno speso 3 mila miliardi di dollari e perso 7 mila uomini.
Ad essi bisogna aggiungere quelli della coalizione e tutte le vittime sconosciute di cui nessuno è mai riuscito a conoscere i nomi o a ricostruire le storie. Quanti morti per “non vincere” il terrorismo, perdere prestigio e aggravare la voragine finanziaria!. Che spreco criminale di risorse! Negli Stati Uniti si è speso il 50% in più della guerra vietnamita. Il debito pubblico è triplicato salendo a 14.000 miliardi di dollari. Per questo Obama, dopo il famoso discorso a Il Cairo che ha aperto nuove prospettive (ancora sospese) ha ingiunto al Pentagono di risparmiare almeno 78 miliardi di dollari entro 15 anni.
Da parte sua l’Italia spende in Afghanistan 700 milioni di euro ogni anno. In Libia, nei primi tre mesi di guerra, ne ha speso altrettanti. Nel frattempo continua il progetto dei cacciabombardieri F 35 (in assemblaggio presso Novara) che ha un costo globale di 15 miliardi di euro.
E’ realistico, è ragionevole, è umano cambiare logica! Alcuni esperti dicono che l’uso prioritario delle operazioni belliche ha messo in crisi proprio il tradizionale concetto di potenza militare, ritenuta decisiva e risolutiva. In realtà essa non serve a combattere il terrorismo, a prevenire o fermare le guerre che sono a loro volta una forma di terrorismo, colpiscono civili innocenti, alimentano rivendicazioni, frustrazioni e nuove guerre. Occorre uscire dalla spirale della follia!
Molto saggio è stato ed è il movimento Peaceful Tomorrows (parte dei genitori delle vittime dell’11 settembre) che si è sempre opposto alla vendetta e ha costruito una rete di parenti delle vittime di varie stragi e conflitti per affermare la logica della pace da costruire ogni giorno con mezzi di pace, moltiplicando iniziative di riconciliazione nella verità e nella giustizia. Significativo il suo viaggio in Afghanistan con Tavola della pace e Pax Christi che hanno offerto una meditazione di alto profilo («Famiglia cristiana» 11.9.2011). E’ il modo migliore per aiutare i giovani della “primavera araba” in rete ideale con quelli di Gaza e Tel Aviv, di Madrid e di Santiago, di tante città dove torneremo scendendo da Assisi per costruire la convivenza umana.
Qualcuno sta ricordando il monito lungimirante di Giovanni Paolo II contro la guerra “avventura senza ritorno”, che ha evitato il peggio e che ha additato nelle Assemblee religiose di Assisi un momento orante di riconciliazione . Il suo vibrante “mai più la guerra” è anche un appello a utilizzare i molti strumenti del diritto internazionale orientati a realizzare la pace con mezzi di pace.
Quando in Italia la nonviolenza diventerà efficace politica di pace? Quei politici che verranno alla marcia Perugia-Assisi del 25 settembre sapranno fare una seria e umile analisi sul vuoto della loro politica e convertirsi, oltre ogni retorica superficiale o strumentale, all’ arte della pace come politica che promuove il bene comune?