25 anni dopo a Porto Empedocle
Filippo Gebbia era un giovane pieno di vita e di interessi. Un sognatore con i piedi per terra. Nel 1986 aveva trovato lavoro da poco presso un’industria farmaceutica che aveva una sede proprio nella sua amata cittadina siciliana. Non è facile trovare occupazione a Porto Empedocle. Le regole non scritte della vita di provincia da queste parti ti impongono di bussare alla porte di un potente, politico, ricco imprenditore o mafioso che sia. Mafia in ogni caso. Filippo aveva una fidanzata che amava e tempo per il volontariato. La sera del 22 settembre di 25 anni fa venne trucidato perché si trovava nel posto sbagliato al momento sbagliato. Gli uomini di Cosa Nostra quella sera avevano deciso di tendere un sanguinoso agguato ad alcuni esponenti locali della Stidda. In quello stesso bar c’erano Filippo e la sua
ragazza. Le fece scudo col suo corpo e rimase per terra in una pozza di sangue. Ieri sera lo abbiamo ricordato “per la prima volta” con la sua gente nel suo paese. Dopo un silenzio durato 25 anni. Perché a volte la memoria fa paura. Perché di certe cose è meglio non parlare. Perché è meglio dimenticare. Perché ormai la terra di Agrigento ha cambiato pagine. Ancora una volta abbiamo compreso che la memoria muove all’impegno. È nemica delle mafie. È atto umano di riconoscenza verso Annunziata, la madre di Filippo che in questi 25 anni, con le lacrime agli occhi non l’ha mai dimenticato. Nemmeno per un giorno.