Oltre la porta di Porta a porta
Ancora il caso Scazzi, ancora psicologi in salotto, ancora plastici. Ancora Porta a porta. Misura dell’evasione morbosa della decadenza di un Paese. La crisi è anche questa. Vano accanimento mediatico sulle miserie della provincia italiana. Un treno di parole che si sovrappongono alle aule del tribunale. Tentativo di plasmare le coscienze col vaniloquio da divano a divano. Da quello degli studi televisivi a quelli delle case degli italiani. Con buona pace di Vespa e del suo indice di ascolto. E penso ai tanti familiari delle vittime di mafia sul pianerottolo della porta di Porta a porta. Lacrime che mendicano verità e giustizia da anni e anni. Per loro nemmeno un sussurro pomeridiano su una rete secondaria a raccontare il dolore e a rincorrere esecutori, mandanti e moventi. Vittime di serie B. Laddove invece di una bega familiare si tratterebbe dell’eliminazione di un ostacolo ai ricchi profitti di un’organizzazione criminale e invece di un contadino confuso e calloso, ci sarebbero intrecci tra mafia e politica, colletti bianchi, nomi eccellenti e manovre oscure dei servizi segreti. O almeno di uno Stato che non ha saputo proteggere i suoi cittadini sovrani o i suoi migliori servitori. Oppure più semplicemente il dolore profondo di una madre uguale a quello di tante altre. Ma inascoltato.