Mafia invisibile
Attraversando molte città per incontrare studenti, comunità e associazioni, molto spesso mi sento ripetere, soprattutto da alcuni amministratori locali, che “per fortuna lì la mafia non c’è e che è un’isola felice”. Interpellando la gente apprendo puntualmente che in quello stesso luogo non manca lo spaccio e il consumo di droga, la prostituzione di ragazze straniere, ci sono tracce di riciclaggio di denaro sporco perché esercizi commerciali aprono per chiudere pochi mesi dopo..., la contraffazione e le frodi non mancano... Si tratta di reati che per compiersi devono necessariamente contare su un’organizzazione. È mafia. Non sempre collegata alle grandi famiglie ma è mafia. Il problema è che noi siamo abitati da uno stereotipo di organizzazione criminale che non esiste più. Che non uccide e non spaventa. Ho sentito ultimamente di organizzazioni che non solo stanno preparando i pacchi di Natale per le famiglie indigenti, ma che si sono imposti ad alcuni imprenditori per far riassumere in azienda persone che erano state licenziate per via della riduzione della produzione. Gli stessi operai d’altra parte hanno preferito rivolgersi alla malavita piuttosto che ai sindacati. Hanno metodi più convincenti. La mafia c’è. Ma è molto diversa da come ce l’immaginiamo.