Quando la mafia si fa pubblicità

24 febbraio 2012 - Tonio Dell'Olio

Con le stesse tecniche raffinate di un’agenzia pubblicitaria, in tutti questi anni le mafie hanno piazzato il loro prodotto sul mercato presentandolo come indispensabile. Per vincere lo stress, per migliorare le prestazioni, per offrire un’immagine vincente di sé (soprattutto a se stessi). Se poi si martella l’opinione pubblica con l’idea che “la coca è la droga dei VIP”, possederla e usarla diventa uno status symbol e “tirare di naso” è un punto d’arrivo. A questo gioco, più o meno inconsapevolmente, si sono prestate le trombe dell’informazione, i titoli sparati, il prurito del gossip... saltando di netto quel lavoro critico e di approfondimento che distingue il “si dice” da un’informazione che ci aiuta a capire “come stanno realmente le cose”. In questo modo le mafie si sono avvantaggiate di almeno tre condizioni: di un’osservazione acuta dei comportamenti comuni segnati dal sovraffaticamento, dalle insicurezze e dalla necessità di scorciatoie illusorie; dalle tecniche di mercato e promozione; dall’imbecillità di alcuni giornalisti. Sono gli ingredienti che hanno permesso di fare fortuna ad aziende di elettrodomestici, a case farmaceutiche e a coloro che hanno avuto la geniale idea di imbottigliare l’acqua. Contrapporsi a questo potere delle mafie è francamente più difficile che dare la caccia ai pericolosi latitanti. Ma anche più socialmente utile. Quasi vitale.

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