Tra cielo e terra
C come cielo. Ma anche come cuore, che del cielo non è che la parte a noi più intima e più vera. È la prima associazione che affiora, unitamente a quella di CUORE. Ma cuore ha un suono più cupo, più profondo. Il che non è un gran male, solo che “cuore” è parola troppo usata e abusata. La parola fa rima con amore e non si trova nessuno che non la pronunci più volte al giorno in relazione ad esso. Reagirete questa volta voi: “Che male c’è?”. Tutt’altro. Se ascoltassimo di più il cuore, non solo scopriremmo le più profonde e più vere ragioni che sorreggono la vita e le sue imperscrutabili vie, ma forse ci sarebbe dato in dono di iniziare a percorrere una nuova via. Quella pascaliana del cuore che ha le sue ragioni e che la ragione non conosce. Quella agostiniana, che coincide con il baricentro della propria interiorità. Devo citare la celebre frase di Agostino in latino – un’espressione che qui si comprende facilmente – non tanto per retaggio scolastico, ma perché fuoco che ancora brucia dentro: “Noli foras exire, in te ipsum redi. In interiore homine habitat veritas”. In altre parole: cerca in te stesso la parte più vera di te e scoprirai non solo una parte di cielo, ma il cielo stesso. Come quando un frammento di specchio caduto in una buca profonda, ma che si apre verso l’alto, riflette la luce delle stelle, anche di quelle più belle e luminose.
Si tratta del sapore vero delle cose e della realtà più autentica di noi stessi. Ma si tratta anche di quella consistenza ultima e delle giuste proporzioni che le cose stesse hanno in riferimento reciproco, oltre che in una scala di valori che anche chi è dotato del puro e semplice buon senso non può ulteriormente mettere in discussione. Del tipo: l’uomo vale più delle cose e la persona vale più di ciò che possiede. Oppure: un cuore in pace non fomenta la guerra; così come: la pace nasce dalla giustizia e porta alla giustizia. O, infine: è meglio amare in ogni caso, anche quando non si è riamati.
Tra cielo e terra
Pace e giustizia, allora, ma anche amore e verità in una sorta di quartetto fondamentale che costituisce la base della convivenza umana e tesse e ricostruisce rapporti interpersonali, come relazioni “riuscite”. In questa sorta di sinfonia, in cui ogni parte si integra con l’altra e non può sussistere senza le altre, diventa arduo sapere da dove venga l’una e da dove venga l’altra. A prima vista, sembrerebbe che l’amore e la giustizia vengano più dal basso che dall’alto e che la verità e la pace vengano più dal cielo che dalla terra, o, riprendendo la nostra parola generatrice, dal cuore.
Il salmo 85 mostra una costellazione simile ma in una collocazione tutta propria, che sembra invertire i luoghi di partenza: “Verità germoglierà dalla terra e giustizia si affaccerà dal cielo” (Sal 85,12). Poco prima aveva affermato: “Sì, la sua salvezza è vicina a chi lo teme, perché la sua gloria abiti la nostra terra”. Come a dire che gli interventi amorevoli di Dio verso noi uomini e verso la nostra storia vengono pur sempre dall’alto, nel senso che non sono il risultato degli sforzi umani, ma sono un dono, e tuttavia germogliano, si esprimono e fruttificano in quanti fanno riferimento fondamentale a Lui e in questo senso “lo temono”. Ancora una volta il cielo è l’anelito più profondo della terra. Ne è la nostalgia ed è come il cuore più intimo di ciò che si avverte sulla terra, ma come trascendimento della terra. No, non nel semplice senso che ciò che è terreno non basta all’uomo, ma nel senso che il cuore dell’uomo è così smisuratamente nostalgico di ciò che è Grande, perché il cielo lo ha prodotto e segnato per sempre.
La pace dunque è non un ibrido, ma una simbiosi di cielo e terra, è irene, perché ha la sua origine nell’ouranos, cioè il cielo, e di esso l’espressione più compiuta. Potremmo dire che la pace è figlia e sorella del cielo. Figlia, perché il risultato di ciò che Dio vuole, sorella perché senza cielo essa non sussisterebbe mai. Ma anche perché senza pace non esisterebbe il cielo.
Deve essere l’intuizione di queste inscindibili interconnessioni la base di ciò che, con ardita poesia di sapore ebraico, troviamo ancora nello stesso salmo: “Amore e verità s’incontreranno, giustizia e pace si baceranno” (Sal 85,11). A differenza della cosmogonia greca, o anche egiziana, dove l’origine del mondo si faceva risalire alla separazione tra cielo e terra, seguita da una fecondazione tale della terra da parte del cielo, da produrre uomini e dèi, la concezione biblica fa risalire la realtà alla Parola di Dio che crea il cielo e la terra (Gen 1,1). È Dio che separa con la Parola le acque e il suolo, creando il cosmo pur sempre tratto dal caos, ma tuttavia imprimendo nell’uomo la sua immagine e la sua somiglianza: “Facciamo l’uomo a nostra immagine, secondo la nostra somiglianza” (Gen 1,26). Sebbene la somiglianza sia sovente ricondotta al compito di governo e di custodia, più che di dominio sconsiderato, affidato da Dio all’uomo, a noi per adesso basta individuare l’ordine cosmico e la pace del cielo ad esso connesso con questa “esemplarità” della terra e, per ciò che ci riguarda, del cuore dell’uomo con le sue origini creaturali.
Non sorprenderà allora più di tanto quel canto degli angeli sulla grotta di Betlemme, quando al venire di Colui che incarna tutte le promesse di pace sulla terra, ricongiungerà nuovamente nella lode il cielo e la terra, Dio e gli uomini, la Parola creatrice di Dio e la sensibilità del cuore dell’uomo: “E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva: ‘Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama’” (Lc 2,13-14). La pace viene ora proclamata sulla terra per tutti gli uomini, ma è frutto di un amore che chiama anche a un compito: dare gloria a Dio, contribuendo a diffonderla dappertutto nel mondo.
Cielo e terra allora insieme, o meglio ancora: il cuore di Colui che viene dal cielo e che è diventato uomo, batte su questa nostra terra e chiama ogni cuore ed ogni pensiero umano a sintonizzarsi sulla sua stessa lunghezza d’onda. Sicché, concludendo, fa appello a che ogni cuore di pietra diventi cuore di carne, e ciò accade solo se in Dio ciascuno ritrova il suo cielo, avendo cuore e offrendo spazi di cielo per la sorte dei fratelli, per la sorte del mondo.