EDITORIALE

Dalla parte dei poveri

La redazione

Era don Tonino a ricordarci spesso, con queste tre parole, il cammino e l’impegno a cui tutti, credenti in particolare, siamo chiamati: annunciare, denunciare, rinunciare.
Non posso sentirmi cristiana o cristiano se non assumo dentro di me le sorti di mio fratello. Se ogni sorella non mi sta a cuore. I care, diceva don Milani. “Prestiamo attenzione gli uni agli altri, per stimolarci a vicenda nella carità e nelle opere buone”, sono le incalzanti parole di papa Ratzinger nel messaggio per la Quaresima 2012. Tempo che, pur nell’inquietudine di segreti violati e di veleni annunciati, restituisce speranza in mezzo al deserto che attraversiamo. Abbiamo davanti
persone e volti da custodire, popoli da ascoltare, situazioni e contesti da capire.
Annunciare e denunciare. Se è vero che sull’annunciare ci può essere unanimità, denunciare pone sicuramente più problemi. Serve metodo e rigore per denunciare, serve coraggio. Sembra invece prevalere la umana paura: è sempre un rischio mettere in luce interessi, giochi di potere oscuri, conflitti di interessi flagranti, guadagni più e meno leciti. E diventa ancor più difficile rinunciare.
La corsa affannata al potere non è servizio, ma la prima delle tentazioni. Le evasioni fiscali, i diversi sentieri dell’elusione danneggiano inesorabilmente il bene pubblico. Così come le decisioni scriteriate sulla spesa pubblica, le striscianti forme di corruzione e di eccezione alla regola che ammiccano a tutti noi, le frodi e l’illegalità che trova scorciatoie di norme ad personam, ovvero il disinteresse dei governi acché giustizia sia fatta, la legalità ripristinata.
Invoca giustizia il povero, la donna licenziata perché in attesa di un figlio, il cinquantenne in cassa integrazione con famiglia a carico, il giovane laureato senza prospettive, il disabile cui si toglie anche l’ultimo sostegno monetario e sociale, l’immigrato che ha perso il lavoro e con esso il suo status di persona riconosciuta. In questo mese ricorre l’anniversario del martirio di Romero. Lo ricordiamo con le parole dell’amico Giulio Girardi, morto da pochissimi giorni: “La scelta dei poveri cambia la sua concezione della Chiesa, identificata appunto con i poveri e giustamente chiamata, egli dice, ‘chiesa popolare’. […] Essa cambia la sua esperienza di Dio, che diventa il Dio dei poveri; il senso della gloria di Dio diventa la vita del povero […]”. La scelta dei poveri, oggi sempre più numerosi intorno a noi, ci mette seriamente in crisi. In quanto Chiesa, dovremmo invece assumerla su di noi.
Il 5 aprile 1992 iniziava l’assedio a Sarajevo. E nel marzo 2003, la seconda guerra del Golfo. Date dolorose che hanno segnato la storia. E che non possiamo trascurare oggi, nel nostro interrogarci sulla capacità della Chiesa di essere dalla parte dei poveri, degli sconfitti e con loro cercare speranza e cammini di liberazione possibile.
Non possiamo certo passare in rassegna tutte le guerre che sono state protagoniste nefaste di questi anni. Riconosciamolo però, spesso ci si è nascosti dietro l’impegno instancabile di Giovanni Paolo II contro la guerra. È mancato un’agire corale, nella Chiesa. Contro ogni guerra. È mancata una ferma e convinta denuncia del commercio delle armi. Forti interessi economici hanno, talvolta, preso il posto della denuncia di progetti di morte. Con il risultato di stare più o meno esplicitamente non dalla parte degli sconfitti e dei poveri, ma dei potenti e vincitori. Anche per questo, è importante la Campagna contro l’acquisto dei cacciabombardieri F35, sia pure ora ridotti nel numero.
Anche se pronunciate la notte di Natale, hanno un valore quaresimale, come invito alla conversione, le parole di Benedetto XVI: “O Dio, in questo nostro tempo, fai che i bastoni dell’aguzzino, i mantelli intrisi di sangue e gli stivali rimbombanti dei soldati vengano bruciati, così che la Tua pace vinca in questo nostro mondo”.

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