L'ipocrisia del mercato
Le esigenze economico-finanziarie legate al libero mercato, diventano ogni giorno più invadenti, l’economia, ma ancor di più la finanza è diventata l’unico valore cui far riferimento. Anche il gioco democratico che attraverso libere elezioni porta al governo delle persone elette dal popolo, deve fare i conti con delle variabili non scritte – vedi lo “spread” – che incidono pesantemente sulla natura stessa delle politiche economico-sociali del nostro paese. A un Governo, pur discutibile per molte scelte fatte, ma in ogni caso votato dalla maggioranza degli italiani, è stato chiesto di tirarsi da parte perché non più in linea con le esigenze dell’Unione Europea.
È vero che quel Governo già non rispecchiava più la maggioranza degli italiani che lo aveva votato, grazie alla fuoriuscita di un nutrito gruppo di deputati prima e con la sfacciata acquisizione di esponenti eletti in altri partiti poi. Si è creato così un modo di agire ipocrita mascherato da perbenismo che contagia in maniera esiziale la politica italiana. La stessa ipocrisia la ritroviamo quando alcuni politici o membri delle Istituzioni rivendicano la matrice cristiana del nostro Paese quando qualcuno parla di togliere i crocifissi dalle aule scolastiche e poi rifiutano di dare la cittadinanza italiana ai figli extracomunitari che nascono sul suolo italiano. Così come, spesso e volentieri, si difende la domenica come giorno del riposo ma in realtà con l’accumulo di iniziative ludico sportive la si mortifica sul piano religioso. Chi ha qualche anno sulle spalle ricorderà certamente che in tempi non troppo lontani i negozi, specialmente quelli alimentari erano aperti anche di domenica mattina e le chiese erano certamente più affollate di quanto lo siano adesso.
Come credenti diventa fondamentale leggere i segni dei tempi, imparare a distinguere tra l’ipocrisia del mercato, il falso moralismo e le scelte coerenti con la fede che si professa, di per se i negozi potrebbero restare tranquillamente aperti e i cristiani vivere la loro domenica secondo la prassi evangelica, forse non ci sarebbe neanche bisogno di una presa di posizione in difesa del giorno del Signore o più semplicemente del giorno del riposo e del relax. Il problema vero resta l’impercettibile quanto inarrestabile crescita di una società che si va secolarizzando (scristianizzando?!) sempre più, a scapito di un vissuto religioso che è stato il copy right del nostro paese per secoli, per non dire millenni. Tanto per restare al discorso della Domenica “Giorno del Signore”, in molte famiglie italiane con i ragazzi che si preparano alla prima comunione e alla cresima, si deve fare i conti con gli orari delle partite di calcio, di basket, di pallavolo, e via dicendo, spesso e volentieri in rotta di collisione con i tranquilli e collaudati ritmi delle Messe domenicali.
E cosa dire dei centri commerciali che oltre a favorire lo shopping familiare della domenica, sono diventati l’agorà del nostro tempo, spazio e luogo che si è trasformato nel sagrato consumistico della nostra società con fiere e mercati incorporati. Pertanto, a fronte del decreto sulle liberalizzazioni che il governo Monti ha appena varato, non si può semplicemente limitarsi a dire che i negozi alla domenica devono restare chiusi, in questo caso rischieremmo anche noi di assumere una facciata ipocrita, ma occorre far emergere i valori più pregnanti che contraddistinguono la vita sociale e religiosa della comunità cristiana e su questo punto favorire una riflessione dove si prenda atto che alle mutate esigenze della società non basta rispondere con delle condanne, ma occorre interrogarsi su che tipo di società i cattolici vogliono costruire e quale specifico tipicamente evangelico desiderano inserire nelle leggi di un Stato laico coinvolgendo in questo processo di riflessione anche chi credente non è.
Si può vivere da cristiani anche dentro una società islamica o all’interno di un mondo dove i valori evangelici non sono il pensiero generale della popolazione, è opportuno però recuperare quelle indicazioni che il Magistero ha offerto sugli stili di vita così da assumerli nel quotidiano, proclamandoli come valori non negoziabili e trovando un’effettiva concretizzazione grazie all’impegno dei cristiani che agiscono in politica e nelle istituzioni, tutto ciò metterebbe in risalto come le scelte pastorali non possono essere piegate a biechi interessi economici. Tanto per essere chiari, se la sobrietà è uno stile di vita da proporre alle comunità cristiane, non si potrà allora mortificarla al solo scopo di incrementare un consumismo che risponda più a logiche del mercato neoliberista che non a oggettive richieste della popolazione.
Pertanto coloro che hanno responsabilità pubbliche sono più che mai invitati a trovare soluzioni accettabili per i lavoratori e per le famiglie, ricordando a tutti che il valore della domenica va salvaguardato ad ogni costo, non solo perché per i credenti esso é il “Giorno del Signore” ma anche e soprattutto perché è un giorno dedicato al riposo del corpo, della mente e dello spirito, in cui si rafforzano e si rinsaldano i legami e gli affetti familiari esso resta un giorno “sacro”, una risorsa troppo importante da non accantonare con leggerezza e sacrificare alla ferrea legge di un capitalismo arrogante che sempre più va alla ricerca di una patina cristiana seducente e invitante in cui ammantarsi al solo scopo di raggiungere i propri fini che a ben vedere non sono propriamente cristiani.