Per i poveri e gli oppressi
Nella notte di domenica 26 febbraio, Giulio Girardi ci ha lasciato fisicamente. Il suo corpo, martoriato da una lunga e spietata infermità, ha cessato di essere ostacolo al suo grande spirito, alla sua operosa ricerca di un Dio liberatore e di un’umanità liberata. Con lui avevamo da poco ricordato i suoi 86 anni. Su giornali e riviste laiche si è parlato molto di Girardi. Voglio qui raccogliere qualche ricordo personale perché in compagnia di Giulio ho percorso quasi mezzo secolo di vita. Tutto è cominciato con la lettura di un suo libro. L’ho qui ancora adesso sul mio tavolo: “Marxismo e cristianesimo”, con la presentazione del cardinal Franz Koenig, arcivescovo di Vienna. La mia copia è del 1969 e già c’è scritto “Quarta edizione aumentata – ventesimo migliaio”, nella collana “Sulle vie del Concilio” della Casa Editrice Cittadella, collana diretta da Vincenzo D’Agostino. Dalla prima edizione del 1965 quante decine di edizioni e quanti milioni di lettori “liberati”! Insieme a Giulio, riconosciuto come maestro da molti, abbiamo vissuto la nascita del movimento dei “Cristiani per il socialismo”. Sul numero 8 del settimanale “Com-Nuovi Tempi”, delle comunità di base, il 19 maggio 1972, Giulio Girardi scriveva una “nota politica” intitolata “Da Medellin a Santiago” confrontando i lavori della seconda conferenza episcopale latino-americana del 1968, con i lavori del primo congresso latino americano dei “Cristiani per il socialismo” al quale aveva partecipato, dal 23 al 30 aprile: “A Medellin si cantò spesso il ‘Veni Creator Spiritus’. A Santiago non lo si cantò. Ma a Santiago come a Medellin, lo Spirito Creatore, era presente”. A Bologna, il 23 settembre 1973, Giulio Girardi era maestro e profeta nella nascita del movimento dei “Cristiani per il socialismo” in Italia. Poi la tragedia del golpe fascista nel Cile di Allende fece alzare forte la protesta di Giulio Girardi in un articolo intitolato “Fascismo cileno e infallibilità pontificia”, che fu pubblicato in italiano solo dal settimanale “Com” il 21 ottobre 1973.
Riscoprire Gandhi
Giulio era stato nel frattempo allontanato da Roma, emarginato dalla sua congregazione salesiana prima a Parigi, poi in Belgio. Estromesso dagli ambiti accademici, Giulio centrava la sua riflessione sui movimenti di liberazione in America Latina. Si sono moltiplicate le sue lezioni e le sue ricerche sulla partecipazione dei cristiani alla costruzione di nuovi processi politici in Nicaragua e a Cuba, sulle vicende della teologia della liberazione, sull’emergere dei popoli indigeni.
È stato membro delle diverse sessioni del Tribunale Russell sui diritti e l’autodeterminazione dei popoli. A Torino ha collaborato con i sindacati sui giovani e la coscienza di classe. Ha insegnato filosofia all’università di Sassari. I suoi articoli, conferenze e libri hanno riempito biblioteche e riviste italiane e straniere. In molti si propongono fin d’ora di raccogliere e ordinare tanta ricchezza intellettuale. Io voglio qui ricordare solo gli ultimi ambiti ai quali si era dedicato con passione e nei quali mi trovai al suo fianco: la nonviolenza, la pace, l’emergere dei popoli indigeni, il sogno dell’amicizia liberatrice del vescovo ecuadoregno Leonidas Proaño.
Con il libretto di Giulio Girardi “Riscoprire Gandhi – La violenza è l’ultima parola della storia?” iniziò l’attività editoriale del Cipax, nel 2001. In quest’ora triste del suo addio mi piace riportare l’ultima pagina di un suo testamento: “Riconoscere l’attualità di Gandhi significa rilanciare la sfida al fatalismo, scommettere sulla possibilità e sull’urgenza di una vittoria della forza del diritto, della verità, dell’amore. Si tratta di una prospettiva puramente ideale? Sì e no. Sì, perché questo progetto non corrisponde a nessuna realtà esistente. No, perché esso, se adottato, influisce realmente sul presente come un’ipotesi storica feconda, che stimola la creatività intellettuale e l’audacia operativa a rompere le barriere del sistema di morte. Ecco perché la domanda sull’attualità di Gandhi è così impegnativa. Perché è inseparabile dalle scelte di fondo, etiche, politiche, economiche e religiose di ciascuno e di ciascuna. Il significato più profondo e più inquietante dell’incontro con Gandhi è proprio questo: ci obbliga a verificare le nostre scelte e a domandarci se esistano ancora per noi delle ragioni di vivere, di lottare e di sperare” (pag. 43-44).
In un successivo libretto del Cipax, Giulio Girardi rilanciava l’attualità e la profezia del vescovo Leonidas Proaño (1910-1988), vescovo di Riobamba, in Ecuador, padre della Chiesa indigena latino americana. Si intitolava “Seminando amore come il mais – l’insorgere dei popoli indigeni e il sogno di Leonidas Proaño”(2001). Di fronte al protagonismo dei popoli indigeni dimostrato nelle celebrazioni dei “Cinquecento anni di resistenza”, Giulio rileva che “un impegno della Chiesa nella liberazione dei popoli indigeni annuncia ora la nascita di un nuovo modello di Chiesa, la Chiesa indigena, il cui tratto caratteristico è appunto l’opzione per gli indigeni come soggetti. Solo riscoprendo la scelta evangelica dei poveri e rompendo ogni alleanza con i poteri imperiali, la Chiesa annuncia, con l’insorgere dei popoli indigeni, la resurrezione di Gesù”. Giulio chiudeva questo libretto con una pagina che il 28 febbraio abbiamo riletto nella celebrazione del suo funerale nella comunità di san Paolo: “Ascoltiamo la chiamata di Dio a rivelare la notizia della sua amicizia e a impegnarci perché questa stessa notizia sia il detonatore di una trasformazione del mondo; il detonatore di una storia di amicizia della quale siano protagonisti tutti coloro che soffrono la solitudine dell’emarginazione, della povertà, dell’esclusione; della quale siano protagonisti, nel momento attuale, i popoli indigeni del Paese, del continente e del mondo. Rinnoviamo, in questo clima, il nostro incontro con la persona di Gesù, come rivelazione e segno dell’amicizia trinitaria e come vincolo amoroso tra la comunità divina e la comunità umana. Questa, però, … deve essere anche la riscoperta che… siamo chiamati a svolgere un ruolo da protagonisti, vivendo personalmente e soprattutto comunitariamente un’amicizia liberatrice e contribuendo a trasformarla in un movimento universale. Il nostro ruolo da protagonisti nella Chiesa e nella storia, lo eserciteremo scommettendo sul protagonismo degli oppressi, particolarmente degli indigeni; vale a dire riconoscendo non solo i loro diritti calpestati ma anche la loro forza storica, morale, culturale religiosa e politica, contribuendo con la nostra azione a risvegliare la fiducia degli oppressi in se stessi, a liberare le energie nascoste nella loro anima e nella loro storia”.
A faccia a faccia
La sera del 26 marzo 2006, quando eravamo insieme a Roma, nella sede del Cipax, Giulio Girardi esercitò per l’ultima volta il suo “magistero”. Infatti, nella nostra sede, in un confronto tra le teologie della liberazione latinoamericana, musulmana ed ebraica, in occasione delle celebrazioni romane di Oscar Romero, fu colpito da quel gravissimo malore cerebrale che, inarrestabilmente ha distrutto il suo corpo. Il suo insegnamento e la sua profezia hanno però continuato a far vivere molti. Ne ho avuto una prova commovente nel maggio scorso, a Kingston in Giamaica, alla Convocazione Ecumenica Internazionale sulla Pace Giusta promossa dal Consiglio Ecumenico delle Chiese, quando un folto gruppo di teologi e leaders religiosi soprattutto evangelici dell’intera America Latina mi chiesero di salutare fraternamente Giulio come “padre e maestro” della loro testimonianza di cristiani impegnati nel cambiamento sociale: venivano dal Nicaragua, da Cuba, dall’Ecuador, dalla Bolivia, dal Cile, dalla Colombia, dal Brasile, ecc..
Portai a Giulio il messaggio. Il male gli impedì di mostrare segni di comprensione e reazioni.
Ora siamo certi che Giulio ha incontrato faccia a faccia quel Cristo Liberatore che tanto aveva testimoniato e, accanto a Lui, ha rivisto quei grandi compagni e compagne di strada con cui aveva sempre cercato la costruzione di un mondo più simile al sogno di Dio: Leonidas Proaño,Oscar Romero, Marianella Garcia, Che Guevara, Samuel Ruiz, Mendez Arceo…
A Roma, il 28 febbraio, nella comunità di base di san Paolo, eravamo in tanti a dare l’estremo saluto al corpo di Giulio Girardi, ma ci sentivamo presenti, in tantissimi di più, nello spazio e nel tempo, compagni di cammino di Giulio, per “mettere a produzione” i semi che in tanti anni aveva seminato tra noi.