La grammatica della politica
La politica ha bisogno di una sosta. Una meditazione profonda per ripensarsi. Non è solo questione di alcuni che sbagliano e nemmeno di un sistema marcio. C'è bisogno di un ripensamento più che strutturale che investa il senso stesso della politica. Soprattutto (ma non esclusivamente) della politica del partiti. Le forze politiche sembrano tutte inevitabilmente ammaccate da scandali e malcostume, si comportano come se fossero un corpo a parte rispetto al resto del Paese, non intercettano i bisogni reali della gente, parlano un linguaggio che usa un'altra grammatica proprio quando il disorientamento in corso richiede parole chiare come segnali stradali. Ricette no, ma percorsi sì, eccome! Una fiducia nuova che oggi fatica ad essere compensata. L'astensionismo è un rischio molto più esteso della semplice rinuncia a infilare la scheda nell'urna. È l'incapacità di assumere posizione, una refrattarietà rispetto alla responsabilità che andrebbe variamente ripartita tra le parti del corpo sociale. È un'emergenza che, se non viene intesa e raccolta, è destinata a generare danni molto più gravi di un tesoriere di partito che scappa con la cassa o di un familiare che fa la cresta sul rimborso elettorale ai partiti, per coltivare lussi e vizi. È una slavina per la vita collettiva, la decomposizione di un corpo apparentemente in vita, uno sfaldamento. Eppure la storia insegna che proprio in queste fasi arriva il guizzo creativo di qualcosa di inatteso e di insperato. Qualcosa e qualcuno che comincia a scrivere un nuovo alfabeto.