Mostro o nostro?
Il 7 luglio 1992 a Molfetta (BA) veniva ucciso il sindaco Gianni Carnicella. Ripropongo di seguito un passaggio dell’omelia di don Tonino Bello, vescovo di quella diocesi, in occasione dei funerali. Penso che queste parole possano aiutarci nella riflessione di questi giorni sui fatti di Brindisi.
“Come un fiammifero, acceso sulla caldaia di una miscela esplosiva. Sì, questa è la vera tragedia: che chi ha sparato non è un mostro. Oh, come vorremmo che fosse un mostro, per poter scaricare unicamente sul parossismo della sua barbarie le responsabilità di questo assassinio! Ma chi ha sparato non è un mostro, e neppure un pazzo e forse neppure un criminale nel senso classico del termine. Non è un mostro. «Un nostro!» un nostro concittadino, che, come ultima miccia, ha dato fuoco alle polveri di cui, almeno un granello, ce lo portiamo tutti nell’anima. Ecco perché quel fucile a canne mozze apre un discorso alla cui logica nessuno di noi può sottrarsi, dichiarando ipocritamente la sua estraneità. È il discorso del cuore di sasso che ci portiamo al petto, forse l’unica reliquia che ci è rimasta dell’età della pietra, e che, a dispetto dei progressi di cui meniamo vanto, ancora non è stato trapiantato con un vero cuore di carne. È il discorso sulla rifondazione di un metodo educativo più serio e diuturno che dovrebbe vedere impegnate tutte le istituzioni, dalla scuola alla famiglia, nella creazione di argini che ci preservino dagli smottamenti verso la cultura dei cavernicoli. È il discorso sul ruolo della Chiesa, dalle cui sedi catechistiche oggi passano tutti, senza purtroppo, portarsi nell’anima le stigmate benefiche di una cultura di nonviolenza e di pace. Ecco perché a Gianni voglio chiedere perdono anch’io, vescovo di questa città, responsabile di una Chiesa forse un po’ troppo attardata in una pastorale di contenimento e di conservazione, che stenta a uscire dai perimetri rassicuranti delle sagrestie per compromettersi con gli ultimi, ritrovando audaci cadenze missionarie, ed è ancora ben lontana dall’essere «testimonianza viva di verità e di libertà, di giustizia e di pace, perché tutti gli uomini si aprano alla speranza di un mondo nuovo»”.