DIALOGO

La religione padana

Anche al di là dei gravi fatti di cronaca che oggi coinvolgono la Lega, occorre prestare attenzione al pericoloso rapporto tra leghismo e religione.
Sergio Paronetto

Nel giro di un anno sono usciti tre testi che, analizzando il rapporto tra leghismo e Chiesa cattolica, si intrecciano e si integrano con diverse caratteristiche: etica, storica, politica, sociologica, ecclesiale, teologica. Tutti e tre i lavori citano Mosaico di pace, intervenuto sul tema sia col dossier “Un moderno tribalismo guerriero” (luglio 2010), sia con un altro dossier sul convegno di Loreto “Il dialogo rinnova la città” (febbraio 2011). Il problema è grande e delicato. Riguarda il rapporto fra fede e politica, tra laicità e messaggio cristiano, tra fedeltà al Concilio e azione ecclesiale. Il primo ad affrontarlo è stato Paolo Bertezzolo con Padroni a Chiesa nostra. Vent’anni di strategia religiosa della Lega Nord (EMI, Bologna 2011), seguito un mese dopo da Renzo Guolo, Chi impugna la Croce. Lega e Chiesa, (Laterza, Roma 2011). Nel corso della loro analisi, gli autori coltivano alcuni interrogativi: perché la Lega si sviluppa in ambienti tradizionalmente cattolici? È possibile un incontro che non renda subalterna la Chiesa alla Lega e non comporti gravi conseguenze per la fede cristiana? La Lega diventerà la vera “Chiesa del Nord”? Il sole celtico si confonderà con la croce fino a sostituirla?

Tra conflitto e dialogo
“Conflitto e dialogo tra Chiesa e Lega avvengono su questioni che riguardano i fondamenti stessi dell’annuncio cristiano, spiega Bertezzolo: globalizzazione, immigrazione, solidarietà, presenza islamica, laicità, dialogo interreligioso, interpretazione del Concilio Vaticano II” (pag. 250). Il leghismo incrocia il fatto religioso sia perché opera come una “religione civile”, un “partito-tutto” che vuole dare un’anima al suo popolo, sia perché si diffonde in luoghi di ampio insediamento cattolico, già democristiano. “La Lega è portatrice di una visione globale e organica, chiara nei suoi aspetti fondamentali, anche se mai compiutamente definita. Il suo obiettivo è costruire un’identità ‘etnica’ distinta e separata dalle altre, attorno a cui definire una ‘nazione’, un territorio e, dunque, anche uno Stato”. A tal fine raccoglie organizzazioni sindacali, culturali, sportive, assistenziali, ricreative, economiche, giovanili, fino all’occupazione delle banche (pag. 251).
Il rapporto leghista verso la Chiesa viaggia su due binari. Da un lato, lo scontro con gli arcivescovi di Milano (Martini e Tettamanzi), le Caritas, il Pontificio Consiglio per i Migranti, preti o vescovi definiti immigrazionisti o cattocomunisti (in tale ambito occorre aggiungere il contrasto silenzioso verso il papa Benedetto XVI, osannato come custode della dottrina, ma mai citato nel suo vero esprimersi).
Dall’altro lato, l’esibita vicinanza alle autorità ecclesiastiche sui “valori non negoziabili” in ambito bioetico e familiare, facendo leva sugli umori più viscerali legati alla difesa della propria terra dagli “invasori islamici” o dai “nemici”. La massima vicinanza ecclesiastica al leghismo è quella espressa dal card. Rino Fisichella per il quale la Lega è popolare e “cattolica” sulle questioni bioetiche. Apertamente critici sacerdoti “conciliari”, il mondo missionario, alcune associazioni e pubblicazioni come Famiglia cristiana, Il nostro tempo, Mosaico di pace, Missione oggi e Jesus. Allarmate le osservazioni di chi, come Valli e Cardini, vede nel leghismo una proposta politica radicalmente anticristiana e anticattolica, o di studiosi come Diamanti e, appunto, Renzo Guolo per i quali siamo davanti a una presenza socio-religiosa incalzante, a una sorta di religione senza chiesa perché è la Lega che vuole diventare la vera chiesa o la chiave ermeneutica della verità religiosa o dell’autentica linea ecclesiale. Il testo di Guolo mette a fuoco, soprattutto, l’area trevisana. Per lui la Lega punta a una sorta di “cesaropapismo verde”, a un “cristianesimo senza Cristo”, a una “religione del territorio” agitata da un partito che, nonostante aspri conflitti, ritiene ormai la Chiesa un legittimo interlocutore per un continuo braccio di ferro in lotta per l’identità locale e per la gestione del popolo (pp. 147-151).

Il Vangelo e il Concilio
Nel terzo libro, quello di Augusto Cavadi, Il Dio dei leghisti (San Paolo, Milano 2012), emerge la preoccupazione sulla dimensione teologica della questione. è la tradizione cattolica, mescolata all’egoismo piccolo borghese, ad aver prodotto menti leghiste o sono queste ultime a rischiare di travolgere la dottrina-presenza cattolica? Nella seconda parte del volume si parla di “fidanzamento di interesse tra Chiesa cattolica e Lega Nord” nella forma di... una coppia di fatto (pp. 117, 150). Per Cavadi, il problema per i cattolici è grave non tanto per la ricerca del potere ma perché siamo davanti alla convinzione radicata che la Chiesa cattolica sia depositaria della verità integrale sull’uomo e sulla storia e abbia il dovere (prima ancora che il diritto) di convertire tutti con tutti i mezzi possibili (pag. 119).
Leghisti ed ecclesiastici a loro vicini condividono la classica metodologia del fine che giustifica qualunque mezzo, convinti di operare sempre e comunque per “il bene supremo”. Non sarebbe tanto la volontà di potenza, quindi, a spingere la Chiesa verso il leghismo ma la pretesa di possedere la verità e di acquisire il consenso totale a un messaggio che si reputa salvifico, in particolare quello inerente i valori bioetici e le virtù private ritenute “le chiavi del paradiso” (pag. 120).
C’è, insomma, il rischio di ripetere col leghismo lo stesso errore consumato nei confronti del fascismo, del nazismo e della mafia (pag. 121). Per evidenziarlo, Cavadi ricorda una frase di Tonino Bello: “Come Chiesa siamo spesso prigionieri del calcolo, vestali del buon senso, guardiani della prudenza, sacerdoti dell’equilibrio”.
Per l’autore si apre una questione teologica cruciale che interessa direttamente la Chiesa che, nella sua proiezione etico-sociale, dovrebbe “riformulare la sua scala di priorità, ricalibrandola con maggiore attenzione sul messaggio evangelico”(pp. 128, 150) e sulla sostanza del Concilio. Tipico della Lega, infatti, è l’attacco frontale al Concilio. Famoso il discorso di Bossi del 27 ottobre 2003, che lo considera frutto della invadente massoneria. “è incredibile, osserva l’autore, che l’attacco ai massoni venga da chi è stato alleato fino all’ultimo del massone Berlusconi, tessera 1816 della P2 (pp. 110-111). L’emergenza che la Chiesa sta vivendo non si supera interrogandosi su come espellere dal tessuto ecclesiale neonazisti o camorristi, razzisti o guerrafondai, ma cercando di “pensare come fare della Chiesa e delle chiese, dei luoghi insopportabili, irrespirabili, per chiunque viva in un’ottica egoistica e corporativa la spasmodica ricerca del profitto e del comando” o la deleteria confusione tra religione e ideologia (pp. 128, 150).

Un pericoloso relativismo
I tre testi offrono abbondanti materiali di riflessione. Il problema è esplorabile in tre direzioni: quella della politica (antipolitica) anticostituzionale; quella dell’involuzione settaria della Chiesa; quella internazionale. Il leghismo, infatti, non è un movimento solo “padano” ma una tendenza diffusa legata alle dinamiche della globalizzazione, allo svuotamento dello stato di diritto, al fiorire dei populismi in molti Paesi europei. Per quanto ci riguarda, esso costituisce anche una forma pericolosa di relativismo che può annullare l’anima cristiana. Il tema di un cristianesimo etnico (impaurito e triste) e di una comunità cristiana “oltre i localismi” è emerso anche negli interventi del Papa del 7-8 maggio 2011 tra Aquileia e Venezia.

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