Battaglia nella capitale
Riprendiamo dal suo blog la cronaca in diretta dell’attacco kamikaze avvenuto in Afghanistan, a Kabul, lo scorso mese di aprile. Ringraziamo vivamente l’autore per averci autorizzato alla pubblicazione.
Siamo appena arrivati a Kabul (con Giuliano Battiston) che la lunga quiete, che avvolgeva la capitale, si dissipa d’un fiato, mentre siamo a pranzo da amici nella zona del bazar. Tempismo?
Ore 13,40: prima una piccola raffica. Rumori che si confondono col rumore del traffico. Poi […] alle raffiche di kalashnikov si alternano botti che hanno tutta l’aria di granate […] Ci mettiamo poco a capire che non è un singolo attacco kamikaze. […] Le raffiche si mescolano alle sirene dei pick up verdi scoperti che trasportano i poliziotti verso i luoghi degli attacchi. Dopo un paio d’ore fanno il loro ingresso in scena anche gli “occidentali” di Isaf/Nato.
È una vicenda annunciata ma in un certo senso inaspettata dopo mesi di quiete, pur se apparente e sempre sospesa, nella capitale afgana, dove un attacco coordinato in più punti (tre sicuramente anche se la Nato ha parlato di sette obiettivi) non si vedeva dal settembre scorso […]. La battaglia di Wazir Akbar Khan, in realtà all’incrocio da cui inizia il quartiere di Sharenaw, a pochi metri dalla rotonda dove si trova l’ospedale di Emergency, e la cosiddetta “Green zone” (sede, tra le altre, della missione diplomatica italiana), è durata circa un’ora e mezza. Poi un lungo silenzio sino alle 13.45 (ora italiana) quando è ripreso il crepitio delle armi automatiche per dar la caccia ai guerriglieri asserragliati dietro a un albergo a 5 stelle in un palazzo in costruzione.
È in questo edificio, utilizzato oggi come una rampa lanciagranate, che i kamikaze – i guerriglieri sanno che il loro destino è di venire uccisi – hanno probabilmente stoccato nei giorni scorsi proiettili e razzi per poter, poi, raggiungere l’improvvisato covo e da lì colpire l’ambasciata tedesca o quella britannica, le più esposte sulla linea di tiro. Ma non è da escludere che altri colpi siano stati sparati da altri luoghi verso l’ambasciata americana e il quartiere generale della Nato, situati più all’interno rispetto alla linea di fuoco innescata dall’azione partita dall’edificio in costruzione. Stessa tecnica davanti al Parlamento […].
Attacco coordinato e rivendicato dai talebani come l’inizio della “campagna di primavera”. Ma c’è chi avanza qualche dubbio: e cioè che, come già avvenuto in passato, la rivendicazione sia solo di facciata mentre l’azione non sarebbe propriamente “talebana” o non almeno dei talebani di mullah Omar, la parte più corposa e nazionalista della guerriglia. L’azione dimostrativa al cuore dello Stato e nel centro pulsante della capitale potrebbe essere l’indicazione che alcuni gruppi radicali più marginali, filo talebani ma non direttamente agli ordini di mullah Omar, vogliano farsi sentire per dire soprattutto ad americani e inglesi: “Ci siamo anche noi”. Un’azione che starebbe a significare che alcuni gruppi, sentendosi tagliati fuori dal negoziato diretto tra americani e talebani di Omar, vogliono far sapere che senza di loro non si può negoziare. Come avvenne per le azioni di settembre e marzo 2011, i sospetti riguardano la cosiddetta Rete Haqqani, l’area protalebana più radicale e che non ha mai smentito i suoi rapporti con Al Qaeda. Particolarmente feroci, teorici dell’attacco kamikaze e vocati al martirio, i leader della Rete sono in stretto contatto con la parte più oscura dell’Isi, i servizi segreti pachistani, loro pure irritati, e non da oggi, dalle iniziative americane unilaterali che avrebbero tagliato fuori, almeno in larga misura, Islamabad […].
Ore 20,30: Notte fonda e silenzio. Il ronzio di qualche elicottero. Pare che un paio di guerriglieri siano ancora asserragliati nell’edificio che sta sulla Green zone. Non sappiamo degli altri davanti al Parlamento. […]