CHIAVE D'ACCESSO

Trashware

Dall’informatica all’ecologia: l’esperto che fa rinascere i computer.
Alessandro Marescotti (a.marescotti@peacelink.it)

L’Onu ha calcolato che ogni anno si producono 50 milioni di tonnellate di rifiuti elettronici in tutto il mondo. In un PC ci sono piombo, arsenico, mercurio e altre sostanze tossiche in varie quantità. 
Delle sostanze tossiche nei computer se ne è occupata in particolare Greeenpeace che ha stilato un’apposita ecoguida (Ecoguida Greenpeace
www.greenpeace.org/italy/it/campagne/inquinamento/Elettronica-verde/eco-guida).
Microelectronics and Computer Technology Corporation in un report ha stilato un lungo elenco di sostanze pericolose (Il PC nel cassonetto
http://areeweb.polito.it/didattica/polymath/ICT/Htmls/Interventi/Articoli/Italia/PCcassonetto/PCcassonetto.htm)
Si prefigura un futuro con centinaia di milioni di vecchi computer in discarica.
Che fare? Una risposta è nel trashware. Trashware è una parola che fonde trash (spazzatura) e hardware (apparecchiature). “Trashware vuol dire promuovere una logica di riuso e non di spreco. Di fronte al disastro ambientale provocato dall’enorme mole di PC che ogni anno vengono dismessi (parliamo di centinaia di migliaia di macchine), occorre allungare la vita dei computer attraverso una gestione più efficiente del software”. Ad affermarlo è Binario Etico, una cooperativa di Roma. Il trashware opera per una riconversione ecologica dell’economia, mentre oggi i computer seguono logiche di mercato che li rendono “vecchi” dopo due o tre anni, quando gli stessi utenti non hanno ancora imparato ad apprezzarne tutte le funzioni.
Spiega Andrea D’Alessandro: “Un foglio elettronico moderno come Microsoft Excel non esegue funzioni molto più sofisticate dell’equivalente Lotus 1-2-3 dell’inizio dei Novanta. La maggiore potenza sembra essere necessaria per miglioramenti di forma esteriore. Sembra, perciò, che il nuovo software sia programmato per rendere obsoleti i computer del momento. Microsoft e Intel paiono alleati nel fare montare questa spirale senza fine di obsolescenza programmata e aggiornamento continuo, e l’utente è stretto nell’abbraccio mortale tra loro”.
La pratica di recuperare il vecchio hardware informatico contrasta il viaggio verso la discarica. Una volta recuperati, aggiustati, aggiornati e potenziati, essi ritornano efficienti e “rinascono” a nuova vita. Da due computer rotti se ne fa spesso uno funzionante e quello che rimane viene smontato, catalogato e messo a disposizione di altri interventi di recupero o di potenziamento, o è messo online in vendita.
Claire Snow, Direttore dell’Industry Council for Equipment Recycling (ICER), lancia, però, anche un grido di allarme: “Con il pretesto del reimpiego, le apparecchiature evidentemente non riciclabili in alcun modo in realtà sono smaltite nei Paesi in via di sviluppo”. 
E così accade che dietro finte manovre di beneficenza per superare il digital divide (divario tecnologico) “l’Africa è stata trasformata nella più grande discarica di computer a cielo aperto del Pianeta, perché smaltirli in Europa costerebbe più del doppio che caricarli sui mercantili e scaricarli in Africa”, spiega sul sito terranauta.it Romina Arena. Si tratta, ovviamente, di manovre furbesche e spregiudicate lontane dal genuino spirito del trashware.
Parte integrante del trashware è l’installazione del sistema operativo Linux e del software libero e gratuito. Linux ha delle versioni particolarmente adatte a vecchi computer con poca memoria. Lubuntu è una di queste e fa parte della famiglia Linux Ubuntu (Una guida a questi Linux «leggeri» è qui http://linuxguide.altervista.org/linuxguide_oldpc.html)
Ce n’è abbastanza per creare nelle scuole medie superiori dei progetti per creare un nuovo profilo professionale: l’esperto di trashware.

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