NUCLEARE

Giù le mani dalla bomba

L’Iran e il pericolo nucleare. O meglio, non solo Iran.
Chi detiene oggi testate nucleari?
Chi le produce e minaccia la pace mondiale?
Angelo Baracca

È davvero Teheran la principale minaccia di una guerra nucleare? O non lo sono piuttosto le 20.000 testate esistenti nel mondo?
Da molto tempo il programma nucleare dell’Iran viene denunciato come uno dei più gravi rischi per la sicurezza e la pace internazionale, tanto che, per fermarlo, si minaccia un attacco militare ai suoi impianti, che scatenerebbe reazioni e conseguenze imprevedibili, ma di estrema gravità per tutto il mondo. Mi auguro che anche la persona più sprovveduta nutra almeno un dubbio.
L’Iran non possiede la bomba atomica, mentre è attorniato da Paesi che hanno poderosi arsenali nucleari (Israele, che non lo ha mai ammesso, ne ha un numero imprecisato, tra 80 e 200; anche India e Pakistan non dichiarano la consistenza dei loro arsenali, che dovrebbero aggirarsi sulle 60-80 testate ciascuno): è credibile che sia proprio l’Iran la minaccia? Qualcosa non torna.
Sia chiaro, non intendo in alcun modo legittimare le eventuali aspirazioni nuclea-ri dell’Iran: sono contro il nucleare, militare e civile. Ma è inconcepibile che si rischi un conflitto di enormi dimensioni e conseguenze per sbarrare la strada a Teheran (che per ora non sta violando il Trattato di Non Proliferazione). L’Iran non è il solo Paese a nutrire aspirazioni (e programmi?) militari: se ora le potenze mondiali tuonano contro l’Iran, come nove anni fa denunciavano le inesistenti armi di distruzione di massa di Saddam Hussein, non si può dimenticare che Pakistan e India hanno ricevuto supporti decisivi da cani e porci per realizzare la bomba! Pochi sanno che il Brasile ha realizzato l’arricchimento dell’uranio per centrifugazione (che si vuole impedire a Teheran) senza che nessuno battesse ciglio.
Il presidente iraniano è indubbiamente impresentabile (ma non più dei dirigenti israeliani, o di quelli sauditi, qatarioti e bahreiniti, protetti dalle potenze occidentali) e le sue dichiarazioni sono inaccettabili. Anche se, senza volerle sminuire, sembra che anche il loro senso nella traduzione venga distorto e strumentalizzato: vale davvero la pena leggere, come esempi, “Cosa ha veramente detto Ahmadinejad all’Onu?” (2009, www.solforoso.com/eventi-internazionali/ma-cosa-ha-detto-veramente-ahmadinejad-alle-nazioni-unite/ oppure www.comedonchisciotte.org/site//modules.php?name=Forums&file=viewtopic&t=41639).
Del resto Netanyahu paragona l’Iran alla Germania del 1938 (come Saddam veniva paragonato a Hitler). Vorrei dimostrare che l’eventuale acquisizione di una capacità nucleare da parte di Tehran non aumenterebbe le minacce nella regione, perché esse sono dovute soprattutto ad altri motivi: che invece non si vogliono né ammettere, né affrontare.

Produrre bombe
Il dual-use è intrinseco, ineliminabile nella tecnologia nucleare, che nacque e si sviluppò come militare: il civile è un sottoprodotto che da solo non si sarebbe mai sostenuto. Tutti i Paesi che ne hanno avuto una minima capacità hanno avuto programmi nucleari militari, più o meno sviluppati o segreti, sorretti o ostacolati dalle potenze nucleari secondo i loro interessi geopolitici.
Oggi, a differenza degli anni Quaranta/Sessanta, è relativamente semplice fabbricare la bomba, almeno per uno Stato che disponga di un minimo di capacità tecniche: la Corea del Nord lo fece in tre anni. Il problema principale è dotarsi dei materiali fissili necessari: Pyongyang estrasse il plutonio ritrattando il combustibile di un piccolo reattore.
Sono state prodotte nel mondo circa 1.500 tonnellate di plutonio (principalmente dai programmi civili), e altrettante di uranio altamente arricchito: è pensabile un controllo inviolabile? Ne hanno decine di tonnellate Paesi come Germania e Giappone, che hanno le conoscenze per realizzare bombe in tempi brevissimi (Berlino le ha già fabbricate collaborando al programma militare del Sudafrica negli anni Ottanta). Le potenze nucleari non hanno mai voluto concludere un trattato che vieti la produzione di materiali fissili di uso militare (FMCT, Fissile Material Cutoff Treaty): sono decisamente ipocrite quando denunciano i pericoli di proliferazione nucleare. E sono proprio loro che alimentano le aspirazioni di tanti Paesi a realizzare la bomba. Le 9 potenze nucleari (Usa, Russia, Francia, Gran Bretagna, Cina, Israele, India, Pakistan, Nord Corea) mantengono quasi 20.000 testate intatte (USA e Russia, secondo il nuovo trattato Start del 2010, ridurranno a 1.550 per parte solo quelle strategiche operative per il 2017; gli altri Stati ne hanno quasi un migliaio), dimostrando di non volerle eliminare, e possibilmente di usarle. Inoltre, la minaccia principale viene dai sistemi di difesa antimissile, un salto tecnologico enorme che configura uno spaventoso sistema aggressivo: il Paese che le possieda (Usa, ma tutti i Paesi “occidentali” se ne stanno dotando) acquisisce una superiorità strategica divenendo potenzialmente immune a un first strike, per cui può mantenere un numero ridotto di testate nucleari.

Chi minaccia la pace?
Il vero fattore destabilizzante in Medio Oriente è il “segreto di Pulcinella” dell’arsenale di Israele, che gli garantisce un’inattaccabile superiorità strategica e un poderoso mezzo di ricatto. A questa superiorità Israele non è disposto a rinunciare, costi quel che costi.
Ovviamente questo non è un buon motivo per “giustificare” che l’Iran faccia la bomba. Ma per capire quanto sia strumentale la denuncia così ultimativa che viene agitata, aggiungo una domanda un po’ provocatoria: se l’Iran si dotasse di 10 testate nucleari, e fosse in grado di lanciarle, cosa se ne farebbe? Se attaccasse e radesse al suolo il territorio di Israele, verrebbe comunque cancellato dalla carta geografica da una risposta nucleare: Israele ha 5 sommergibili che ha dotato di capacità nucleare, e sono indistruttibili (forniti dalla Germania, che ora sta per fornirne un sesto, come ha decisamente denunciato Günther Grass). Quando la Corea del Nord esplose il primo test nucleare nel 2006, proprio un giornale israeliano commentò eloquentemente: “Ora la Corea del Nord non può venire attaccata”, perché è potenzialmente in grado di una risposta nucleare. L’effetto pratico di un Iran nucleare sarebbe di porre fine al monopolio di Israele. Sempre pregando di non venire frainteso, un Iran nucleare potrebbe addirittura avere una funzione di stabilizzazione nella regione.
Rimanendo in tema, è utile qualche precisazione sul pericolo spesso denunciato che un gruppo terrorista possa munirsi di ordigni nucleari. Senza negare il pericolo, ritengo, però, che esso sia stato strumentalizzato. Le difficoltà, infatti, sono enormi, almeno per un gruppo “non statale”. Se anche riuscisse a ottenere il materiale fissile (la massa critica per uranio arricchito a più del 90% sarebbe 50-60 kg, ma con un arricchimento del 50% sarebbe 160 kg, del 20% 800 kg) la realizzazione di una testata anche rozza porrebbe molti problemi: ad esempio, per ottenere l’esplosione è cruciale ottimizzare i tempi al livello delle decine di nanosecondi (miliardesimi di secondi), altrimenti l’esplosione può fallire (fizzle, fiasco). Vi è qualche dubbio che il test nucleare della Corea del Nord del 2006, forse anche quello del 2009, sia pienamente riuscito: ma naturalmente nessuno sarebbe disposto a scommettere, come nella roulette russa. Ma forse il problema più grande per un gruppo terrorista, quand’anche avesse realizzato una testata efficiente, sarebbe come trasportarla o lanciarla, poiché essa certamente non sarebbe miniaturizzata come quelle delle potenze nucleari.
Tutte le denunce che attri-buiscono il rischio nucleare ad altri Paesi, anche se hanno un fondamento di verità, sono però strumentali, perché sviano dal pericolo più grosso e incombente con le politiche di potenza e di guerra: le 20.000 testate degli Stati nucleari. La minaccia nucleare diminuirà solo quando verranno eliminati tutti i programmi nucleari, militari e civili: e neanche allora scomparirà, poiché i materiali fissili prodotti dureranno per migliaia di anni.

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