La patria del pallone
Un cucchiaio di Pirlo o un tiro di potenza di Balotelli, un colpo di destrezza di Cassano o un gol di Di Natale bastano per far saltare di gioia decine di milioni di italiani che recuperano il sentimento dell’unità nazionale e l’identità italica. Basta davvero poco! E qualcuno obietterà che non è per niente poco. E se invece dico che questo basta per far dimenticare per novanta minuti la crisi in corso e, con i tempi supplementari, anche le amarezze della vita pubblica o politica del Paese, qualcun altro obietterà che non è giusto mischiare sport e politica. E se invece dico che i mondiali in Ucraina sono stati costruiti a colpi di compromessi fraudolenti e costosi tra le mafie locali e lo Stato e che in quel Paese c’è qualche problema di democrazia, qualcuno mi rimprovererà che sono un guastafeste. Se poi dico che anche quando seguiamo cross e parate mirabolanti, rigori al cardiopalma e finte da giocolieri non possiamo dimenticare gli scandali del calcio nostrano e mondiale... mi diranno che è un tema da mettere tra parentesi per non turbare le prestazioni dei calciatori. Ma io non me la sento di usare la mia voce e il mio respiro solo per gridare goal e che dobbiamo contemporaneamente continuare a gridare la denuncia di un mondo corrotto che si arricchisce illecitamente sulle spalle delle nostre passioni. Non lasciamoci incantare, silenziare, svuotare da “panem et circenses”. Abbiamo una testa che forse non sa colpire la palla per mandarla in rete, ma che almeno sa pensare.