POTERE DEI SEGNI

L'audio non basta

La coerenza innanzitutto.
Senza la tentazione di rifugiarsi nel privato o nell’indifferenza.
È questa la Chiesa che vogliamo.
È questo il cristiano in cui ci identifichiamo.
Tonio Dell'Olio e Renato Sacco

I cristiani in politica, l’integralismo, la laicità, il coraggio della coerenza, le tentazioni del potere, dell’arricchimento e degli interessi personali… Sono questioni aperte e anche dolorose per i nostri giorni. E sono anche temi che don Tonino affrontava profeticamente 25 anni fa.

Non si tratta di fare delle cose, ma di fare delle scelte. E radicali, per giunta. Anzitutto la scelta della ‘laicità’ non come livello zero, come zona amorfa, come spazio neutro, come area di insignificanza ecclesiale, ma come vocazione, come dono, come missione.
… Revisione di certe logiche anticristiane: l’accumulo di ricchezze, l’avarizia, l’accaparramento, il consumo, la concorrenza sleale, la corsa ai posti migliori, la corruzione clientelare, il doppio o triplo stipendio, le raccomandazioni nei concorsi.
… Condivido in pieno l’e-spressione di Paolo VI il quale affermava che “la politica è una maniera esigente di vivere l’impegno cristiano al servizio degli altri”. Penso, pertanto, che il credente, oggi più che mai, debba accettare il rischio della carica politica… Il cristiano, in pratica, imbocca la Gerusalemme-Gerico. Non disdegna di sporcarsi le mani. Non passa oltre per paura di contaminarsi. Non si prende i fatti suoi. Non si rifugia nei suoi affari privati. Non tira diritto per raggiungere il focolare domestico, o l’amore rassicurante della sposa, o la mistica solennità della sinagoga. Fa come fece il buon samaritano, per il quale san Luca usa due verbi splendidi: “ne ebbe compassione” e “gli si fece vicino”. È un mestiere difficile. Non c’è dubbio. Non solo perché richiede la coscienza dell’autonomia della politica da ogni ipoteca confessionale e il riconoscimento della sua laicità. Ma anche perché deve evitare la tentazione, sempre in agguato, dell’integralismo: diversamente si ridurrebbe il messaggio cristiano a un’ideologia sociale.
… Il cristiano che fa politica deve avere non solo la compassione delle mani e del cuore, ma anche la compassione del cervello. Analizza in profondità le situazioni di malessere. Apporta rimedi sostanziali sottratti alla fosforescenza del precariato. Non fa delle sofferenze della gente l’occasione per gestire i bisogni a scopo di potere. Paga di persona il prezzo di una solidarietà che diventa passione per l’uomo. Addita, in termini planetari e senza paura, i focolai da cui partono le ingiustizie, le violenze, le guerre, le oppressioni, le violazioni dei diritti umani. Sicché man mano che il cristiano entra nella politica, dovrebbero uscirne di pari passo la mentalità clientelare, il vassallaggio dei sistemi correntizi, la spartizione oscena del denaro pubblico, il fariseismo teso a scopi reconditi di dominio. Utopie? Forse. Ma così a portata di mano, che possiamo finalmente diventare “carne e sangue” sull’altare della vita”.
don Tonino Bello (il Messaggero di S. Antonio, giugno 1987)

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