La morte nel “mare di mezzo”
Siamo semplici spettatori. Di una tragedia che non sembra aver fine. Un bollettino di guerra che dall'inizio dell'anno fa contare 170 persone morte e disperse nel Mediterraneo secondo l'Alto Commissariato per i Rifugiati. Ieri si è consumata l'ennesima tragedia con 54 persone partite dalle coste libiche alla fine di giugno e morte una dopo l'altra per sete. Straziante. Noi, al riparo dal sole e magari sotto il conforto di un climatizzatore, possiamo solo lontanamente immaginare la morte lenta guardata negli occhi come un destino ineluttabile. Questa mattina la notizia di un'altra imbarcazione in balìa delle onde con altre 50 persone soccorse dalla marineria siciliana fino a Pozzallo. Noi leggiamo nelle pagine di un giornale senza capire. Tant'è che ormai anche le autorità morali internazionali non si rivolgono più ai governi, ma direttamente alle imbarcazioni che solcano quel tratto del "mare di mezzo" perché vigilino sulla vita minacciata e ascoltino la coscienza e l'antica legge del mare. Spiagge affollate di vacanzieri e gente che muore nello stesso mare per cercare dignità. Un vero e proprio "mare di mezzo". Forse quel tratto di mare non è che la fotografia di un'umanità senz'anima.