Sulla guerra umanitaria
Ma alla fine che cosa abbiamo esportato? A sentire i persuasori dotti delle masse, gli irriducibili dell’intervento umanitario, gli strateghi convinti e determinati delle amministrazioni USA e della coalizione dei volenterosi, in Iraq e in Afghanistan dovevamo ristabilire l’ordine. Volevamo esportare democrazia e abbiamo ottenuto dittature mascherate, governicchi, prestanomi eterodiretti, campioni senza valore. Volevamo diffondere benessere e serenità e invece abbiamo sturato l’alambicco della violenza. Volevamo ristabilire la legalità e abbiamo lasciato uno strascico di corruzione. E di morte. Perché il bollettino di guerra iracheno di due giorni fa ci ha riferito che sono stati almeno 107 i morti e 214 i feriti del bilancio ancora provvisorio della serie di attentati registrati in Iraq. Tra i più gravi negli ultimi due anni hanno colpito 18 città irachene, tra cui Baghdad, con 27 attacchi distinti. Un fallimento pagato a suon di vite umane dalla popolazione. Almeno questo dovrebbe bastare per farci ripensare la guerra e per appenderla al chiodo come la più desueta e disastrosa delle attività umane.