Famiglia Cristiana, Cl, segni del potere o potere dei segni?
Ha fatto discutere parecchio e indispettire qualcuno l’editoriale di Famiglia Cristiana sul Meeting di Cl. In realtà ha evidenziato quello che è abbastanza ovvio e si vede a occhio nudo. Brava Famiglia Cristiana che scrive : “C’è il sospetto che a Rimini si applauda non per ciò che viene detto. Ma solo perché chi rappresenta il potere è lì, a rendere omaggio al popolo di Comunione e liberazione.” Eh sì, il fascino del potere a volte ti prende, ti ammalia. E non ci sono esenzioni per nessuno.
E torna alla mente quanto diceva don Tonino Bello, Vescovo di Molfetta e Presidente di Pax Christi, morto quasi 20 anni fa: “non i segni del potere ma il potere dei segni”.
Sulla rivista mensile fondata da lui, Mosaico di pace, e promossa da Pax Christi, curiamo una rubrica che si chiama appunto: Potere dei segni.
Nel numero che uscirà a settembre c’è un testo di don Tonino, scritto nel 1992, ma ancora molto attuale, che può aiutare un po’ tutti noi, non solo gli amici di Cl riuniti a Rimini: “Non è vero che si nasce poveri. Si può nascere poeti, ma non poveri. Poveri si diventa. Come si diventa avvocati, tecnici, preti. Dopo una trafila di studi, cioè. Dopo lunghe fatiche ed estenuanti esercizi. (…) Ebbene quale voce di protesta il cristiano può levare per denunciare queste piovre che il Papa, nella ‘Sollecitudo rei socialis’, ha avuto il coraggio di chiamare strutture di peccato? Quella della povertà! Anzitutto, la povertà intesa come condivisione della propria ricchezza. È un’educazione che bisogna compiere tornando anche ai paradossi degli antichi padri della Chiesa: ‘Se hai due tuniche nell’armadio, una appartiene ai poveri’. Non ci si può permettere i paradigmi dell’opulenza, mentre i teleschermi ti rovinano la digestione, esibendoti sotto gli occhi i misteri dolorosi di tanti fratelli crocifissi. (…) L’educazione alla povertà è un mestiere difficile: per chi lo insegna e per chi lo impara. Forse è proprio per questo che il Maestro ha voluto riservare ai poveri, ai veri poveri, la prima beatitudine.”
Niente applausi, grazie.