Il Concilio e Pax Christi, esperienza conciliare...
11 ottobre 1962. Ero presente quella mattina, nel sole che accompagnava la lunga fila dei vescovi dentro S. Pietro. Il clima era gioioso a partire dalle prime parole di Giovanni XXIII (Gaudet mater ecclesiae) e dal famoso discorso sulla carezza del papa. Con papa Giovanni la Chiesa si presentava così umana da rendere credibile il soffio della divinità. Mi sento e sono figlio del Concilio Vaticano II. Sono stato testimone di una meraviglia. Ho sentito vibrare l'ala della grazia. Ho visto accendersi un roveto ancora ardente.
Alcuni, per sminuirlo, hanno ripetuto che è stato solo “pastorale”. Ma è bene precisare in primo luogo che pastorale non vuol dire tanto pratico o parziale ma ecclesiale o vitale nella “carità” (origine e fine di ogni verità); in secondo luogo, che Giovanni XXIII, proprio l'11 ottobre, ha affermato che il Concilio deve essere “un balzo in avanti verso una penetrazione dottrinale e una formazione delle coscienze”. Altri, dal versante opposto, hanno ritenuto che il Concilio fosse una novità assoluta. In realtà, se non può esistere una tradizione chiusa alla ricerca e all'esperienza storica, non è concepibile un' innovazione senza tradizione, che significa itineranza, trasmissione alle giovani generazioni. Tante sono state e sono le polemiche sul Concilio. Molti i tentativi di fermarlo o di congelarlo. Ma, fedeli allo spirito giovanneo, è bene andare oltre ogni rigidità contrapposta, tesa più ad affermare il proprio punto di vista che a fare memoria creativa di una novità, a lasciarsi convertire da un evento di grazia.
Il Concilio è stato un nuovo inizio. Anche se contrastate o incompiute, dal Concilio sono partite tante buone strade: l'ascolto della Parola di Dio; l'amore per la Scrittura; una riflessione sul popolo di Dio e sul laicato; la “scelta preferenziale dei poveri” emersa a Medellìn (1968) e a Puebla (1979); un difficile cammino femminile di ricerca ecclesiale e teologica; lo sviluppo del movimento ecumenico “pace, giustizia e salvaguardia del creato”; il dialogo tra le religioni poi visibile negli incontri di Assisi; il cammino cattolico dentro il popolo della pace; la tematica complessa e tormentata della povertà. Le solenni dichiarazioni contro la guerra moderna e la corsa agli armamenti, l’esortazione a concepire la pace con mezzi di pace e altri semi della Gaudium et spes contengono le premesse per vivere la nonviolenza come scelta etica, azione civile, progetto politico, economia di giustizia, cittadinanza attiva, civiltà del diritto, cammino di fede, esperienza ecclesiale. Con il Concilio possiamo dire che la pace è possibile e va costruita ogni giorno in ogni ambito.
In tale contesto Pax Christi è un'esperienza conciliare permanente, sia per la presenza ancor oggi vivissima di mons. Bettazzi, sia per la teologia della pace di don Tonino Bello che attraversa e supera il Concilio stesso, sia per la “Pacem in terris”, uscita nel 1963, diventata la vera Carta del movimento.
Oggi Pax Christi può fare memoria creativa del Concilio da un lato partecipando alle numerose iniziative in cantiere (come quella romana del 15 settembre o quella raccolta nel testo Perle del Concilio), dall'altro impegnandosi nell'approfondimento della teologia della pace nonviolenta non ancora fiorita in ambito ecclesiale. E' un modo per partecipare all'Anno della fede, proposto dal papa, illuminando la narrazione conciliare del Dio dell'amore, mettendo a fuoco la conversione permanente a Cristo “nostra pace”, ponendo come tema generatore la pace come problema di fede. La questione è presente in Tonino Bello in almeno 8 filoni, dentro la sua maturazione teologica e la sua direzione di Pax Christi Italia (teologia trinitaria, vita di Cristo, Chiesa del grembiule, teologia del laicato, la triade ecumenica pace-giustizia-salvaguardia del creato, l'"osare la pace per fede" con Bonhoeffer, le preghiere allo Spirito, a Cristo e a Maria, l'eucaristia). Il Concilio è un evento in cammino. E' vivo se accade ora, se gli poniamo le nostre domande, se lo provochiamo a produrre frutti inattesi, se ci mettiamo “in stato di Concilio”, responsabili della sua fragile aurora.