Donne: figlie di un dio minore?

9 ottobre 2012 - Nicoletta Dentico
Fonte: Adista

Quando, in Germania, i giornalisti ebbero la prima occasione di incontrare i partecipanti alla riunione preparatoria del Concilio Vaticano II, fu la giovane teologa Josefa Theresia Münch ad attirare l’attenzione della stampa sulla discriminazione di genere nella Chiesa chiedendo, con un guizzo pertinente e provocatorio, se le donne fossero state invitate al Concilio. Il direttore del centro stampa tedesco per il Concilio rispose, a mo’ di battuta: “No, ma è confortante! Al Concilio Vaticano III le donne saranno certamente presenti!(1).

Le donne, invece, ci furono, al Vaticano II. Furono ventitré, meno dell’1% dei partecipanti, ammesse per la prima volta ai lavori conciliari. Dieci religiose e tredici laiche (2). Furono selezionate secondo criteri di internazionalità e rappresentatività, a motivo delle loro forti personalità e capacità di influenza, per la provenienza geografica, la rappresentanza di altri riti, per storie personali (3). Furono convocate tardi, e presenziarono solo a due sessioni, la terza (14 settembre-21 novembre 1964) e la ultima (14 settembre-8 dicembre 1965) – alcune delle protagoniste laiche furono coinvolte solo a partire dall’estate 1965. L’annuncio di Papa Paolo VI sulla presenza di donne Uditrici al Concilio fu dato l’8 settembre 1964, e il saluto ufficiale nell’aula conciliare alle nuove arrivate qualche giorno dopo, il 14 settembre. Salvo che le uditrici non erano presenti. Anzi, non erano ancora state convocate.

Le resistenze della Curia non si fecero attendere e furono numerose (L’Osservatore Romano fu in più occasioni specchio coerente di queste reticenze), ma non mancarono anche convinti consensi, aperture sincere e prese di posizioni decise dei padri conciliari – mons. Gérard Coderre parlò a nome dei 40 padri conciliari canadesi, Augustin Frotz vescovo ausiliare di Colonia, i vescovi africani del Congo e della Costa d’Avorio, l’arcivescovo di Atlanta, etc. – a favore della uguale dignità di uomini e donne come autentico segno dei tempi, indispensabile riconoscimento dei diversi carismi, in piena adesione alle Scritture. Prima ancora dell’arrivo delle uditrici, fu ribadita a più voci la vocazione della donna dentro la Chiesa, non di supplenza ma di collaborazione; la Chiesa doveva affermare e promuovere la specificità della missione femminile, sostenendo la necessità di un apostolato della donna nella Chiesa, nel completamento della creazione (4).

Le donne ci furono in quella straordinaria assemblea: nelle intenzioni di papa Giovanni XXIII avrebbe dovuto promuovere un’ autentica inversione di rotta nel rapporto della Chiesa con l’umanità, ancora tramortita dal trauma dei due conflitti mondiali. “Bene, ciò dimostra che le donne fanno parte della razza umana. Metà di essa se ne stava dimenticando”, ebbe a chiosare Catherine McCarthy, uditrice proveniente dal laicato americano. Per Madre Sabine Valon, si trattò del “passaggio dalla sala d’attesa al soggiorno”, mentre nelle parole di Margarita Moyano Llerena: “le donne sempre vanno alla fine, però è importante, infine, che vadano” (5).

Così fu: molto importante. La loro presenza doveva essere silenziosa– “le donne tacciano in assemblea” (I Cor 14.34), fu il mantra ripetuto ad ogni tentativo di dare voce alle uditrici in sede plenaria. Le donne dovevano avere una funzione di rappresentanza “significativa ma quasi simbolica”, secondo le parole di Paolo VI. Ma le ventitrè donne non furono né silenziose né simboliche. La partecipazione al Concilio era un’occasione storica imperdibile. Era stata anticipata da un sofferto cammino avviato da alcune pioniere un secolo prima del Concilio. Soprattutto, fu anticipata da un percorso legato sia alla spinta proveniente dalla sfera civile e dal nuovo modello antropologico che andava costruendosi intorno all’ identità ed al ruolo della donna, sia alla pressione del mondo cattolico verso la l’uguaglianza del “secondo sesso” nella Chiesa e la sua emancipazione per un pieno apostolato, inclusa la questione del sacerdozio femminile.

Molte di loro avevano già introiettato lo spirito della “nuova Pentecoste” annunciata da Papa Roncalli nel 1960 per avviare il lavoro preparatorio del Concilio, e dipanare così una nuova esperienza di Chiesa che sapesse “riconoscere i segni dei tempi e guardare lontano”. Attraverso il lavoro nei diversi contesti sociali, attraverso le attività di formazione rivolte alle giovani donne, grazie alla riflessione non astratta sulla fede, anzi complementare ad impegni missionari talora immensi, le uditrici religiose e laiche seppero interpretare con esigenza di attualità l’incalzante desiderio di innovazione che il Concilio propugnava, inaugurando “un’epoca atomica”, come la definì Suzanne Guillemin. Lo fecero con generoso senso di responsabilità, alla maniera delle donne. Lo fecero stabilendo un’immediata solidarietà femminile, tessendo continue opportunità di sperimentazione tra loro (significativo il primo incontro ecumenico femminile tenutosi a Vicarello nell’ ottobre 1965 sul tema “Forme di vita e di servizio per le donne nelle rispettive Chiese”), ma anche pratiche nuove di scambio emancipato con gli uditori maschi e i padri conciliari aperti al cambiamento. Lo fecero con la partecipazione attiva, spesso sofferta, nelle commissioni sul rinnovamento della vita religiosa, sull’ apostolato dei laici; sulla costituzione pastorale della Gaudium et Spes sulla Chiesa nel mondo contemporaneo. Cito i contributi più salienti. Nei testi della Lumen Gentium e della Gaudium et Spes la loro influenza fu particolarmente determinante: furono dunque protagoniste della rivoluzione copernicana che il Concilio operò con questi due documenti.

L’importanza del Vaticano II per le donne va ben oltre l’impatto degli espliciti riferimenti al secondo sesso nei testi conciliari. Le difficoltà della Chiesa ad accogliere la parità di diritti fra uomini e donne esplosero subito però, sulla scia delle resistenze ed ambiguità che il Concilio non aveva saputo dipanare. Divieti e disaccordi confluirono sulla regolamentazione delle nascite, l’ammissione della donne al ministero, il celibato ecclesiastico. Le tre questioni che Paolo VI immediatamente avocò a sé. I tre nodi che restano tabù nella Chiesa, chiusi in un inspiegabile blocco di veti serrati e paure coltivate con solerzia.

Per secoli fortezza silenziosa della Chiesa cattolica, le donne sono ancora coloro che principalmente trasmettono la fede alle nuove generazioni e con generosità compiono numerosi ministeri ecclesiali. All’orizzonte appaiono però i primi segni di rottura di questa intesa. Protagoniste di un cambiamento di rotta sono soprattutto donne tra i 20 e i 40 anni: vanno di meno a Messa, scelgono di meno il matrimonio religioso, pochissime ancora seguono una vocazione religiosa, e più in generale esprimono una certa diffidenza verso la capacità educativa degli uomini di religione. Prima che sia troppo tardi, è l’ora di provare a rinegoziare i termini di una nuova alleanza tra la Chiesa e le donne. La Chiesa in epocale crisi ha bisogno delle donne come non mai, per ridefinire la propria funzione di guida nel mondo.

Di Concilio Vaticano III non si parla, ma sarà opportuno che, allora, di donne ce ne siano moltissime.

Note

1. Per la scrittura di questo contributo desidero riconoscere da subito il mio debito a Adriana Valerio, preziosa autrice di Madri del Concilio: Ventritré Donne al Vaticano II, Carocci Editore, luglio 2012. L’appassionante lavoro della storica e teologa Valerio, che come una speleologa si addentra nelle cavità oscure e profonde dello straordinario evento del Concilio per portarne alla luce frammenti di storia sconosciuta, schegge di una narrazione tanto spenta quanto decisiva, stimola ad un imperativo approfondimento sul tema, tutt’altro che risolto a cinquanta anni dal Concilio Vaticano II.
2. Le uditrici religiose furono Mary Luke Tobin (Stati Uniti), Marie de la Croix Khouzam (Egitto), Marie Henriette Ghanem (Libano), Sabine de Valon (Francia), Juliana Thomas (Germania), Suzanne Guillemin (Francia), Cristina Estrada (Cuba/Spagna), Costantina Laura Baldinucci (Francia/Italia), Claudia Anna Feddish (Stati Uniti, Ucraina), Jerome Maria Chimy (Canada, Ucraina). Le uditrici laiche furono Pilar Bellosillo (Spagna), Rosemary Goldie (Australia), Marie-Luoise Monnet (Francia), Anne-Marie Roeloffzen (Olanda) e Maria Vendrik (Olanda), Amalia Dematteis (Italia), Ida Marenghi-Marenco (Italia), Alda Miceli (Italia), Catherine McCarthy (Stati Uniti), Luz Maria Longoria Gama con il marito José Alvarez Icaza Manero (Messico), Margarita Moyano Llerena (Argentina), Gladys Parentelli (Uruguay), Gertrud Ehrle (Germania), Hedwig von Skoda (Cecoslovacchia). Altre donne furono invitate ai lavori conciliari come esperte su specifiche questioni, o per provenienze geografiche. Di queste donne si conserva un elenco a Roma nell’Archivio Uditrici, presso il Pontificio Consiglio per i Laici.
3. Adriana Valerio, op. cit, pp. 46-49.
4. Raniero la Valle, Fedeltà al Concilio, I dibattiti della terza sessione, Morcelliana, Brescia 1965, p. 403.
5. Le citazioni sono estratte dal testo di Adriana Valerio, che a sua volta cita Carmel Elisabeth McEnroy, Guests in their Own House. The Women of Vatican II, Crossroad, New York 1996.

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    2. Le uditrici religiose furono Mary Luke Tobin (Stati Uniti), Marie de la Croix Khouzam (Egitto), Marie Henriette Ghanem (Libano), Sabine de Valon (Francia), Juliana Thomas (Germania), Suzanne Guillemin (Francia), Cristina Estrada (Cuba/Spagna), Costantina Laura Baldinucci (Francia/Italia), Claudia Anna Feddish (Stati Uniti, Ucraina), Jerome Maria Chimy (Canada, Ucraina). Le uditrici laiche furono Pilar Bellosillo (Spagna), Rosemary Goldie (Australia), Marie-Luoise Monnet (Francia), Anne-Marie Roeloffzen (Olanda) e Maria Vendrik (Olanda), Amalia Dematteis (Italia), Ida Marenghi-Marenco (Italia), Alda Miceli (Italia), Catherine McCarthy (Stati Uniti), Luz Maria Longoria Gama con il marito José Alvarez Icaza Manero (Messico), Margarita Moyano Llerena (Argentina), Gladys Parentelli (Uruguay), Gertrud Ehrle (Germania), Hedwig von Skoda (Cecoslovacchia). Altre donne furono invitate ai lavori conciliari come esperte su specifiche questioni, o per provenienze geografiche. Di queste donne si conserva un elenco a Roma nell’Archivio Uditrici, presso il Pontificio Consiglio per i Laici.
    3. Adriana Valerio, op. cit, pp. 46-49.
    4. Raniero la Valle, Fedeltà al Concilio, I dibattiti della terza sessione, Morcelliana, Brescia 1965, p. 403.
    5. Le citazioni sono estratte dal testo di Adriana Valerio, che a sua volta cita Carmel Elisabeth McEnroy, Guests in their Own House. The Women of Vatican II, Crossroad, New York 1996.
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