ISLAM

Spezzare il cerchio

Intervista ad Adnane Mokrani: occorre spezzare il circolo vizioso dell’odio. Disprezzo genera disprezzo. Adesso è il momento della cooperazione e della solidarietà internazionale.
Intervista di Maria Chiara Biagioni (Sir Europa)

Nella Libia liberata quasi un anno fa dal regime di Muammar Gheddafi riesplode la violenza di Al Qaeda con l’attacco al consolato americano di Bengasi. Per alcuni si tratta di un assalto “pianificato”; per altri scatenato da “L’innocenza dei musulmani”, film su Maometto giudicato blasfemo. La protesta ha provocato la morte dell’ambasciatore degli Stati Uniti e di altri tre americani nella sede di Bengasi. Poi si è diffusa in altre aree mediorientali.
Adnane Mokrani esprime il suo parere su quanto sta accadendo.

Professore, lei ha visto il film?
Sì, ne ho visto una sintesi. Sembra piuttosto un lavoro amatoriale, di bassissimo livello, una provocazione sciocca e stupida. Siamo davanti all’ennesima provocazione gratuita contro i sentimenti religiosi dei musulmani del mondo. Questo film presenta il profeta Muhammad in modo molto offensivo, che scandalizza qualsiasi musulmano credente che ama il profeta. È un film volgare, addirittura pornografico, che è stato fatto solamente per seminare odio. Ci sono, poi, punti interrogativi sull’identità del regista: all’inizio è stato detto che era statunitense-israeliano, poi un copto-egiziano e adesso è stato diffuso uno pseudo-nome sconosciuto anche in ambienti del cinema. Chi è allora questa persona e perché ha fatto questo film per generare violenza e odio? È una situazione che gioca sui confini ambigui tra il blasfemo, l’odio e la libertà di espressione. Un’operazione mirata per provocare certe conseguenze e reazioni”.

E le reazioni sono state devastanti.
E preoccupanti. Ci sono gruppi di musulmani che cadono spesso, se non sempre, nella trappola, reagendo facilmente, in modo violento e inaccettabile. Le reazioni purtroppo confermano quello che volevano negare: se il filmato con le sue false accuse critica il mondo musulmano di essere violento, loro in questa maniera agiscono per confermare quello che dice il film. È un paradosso. Il loro atteggiamento non rappresenta la morale profetica, ma una reazione emotiva, violenta e criminale perché uccidere vittime innocenti e colpire l’ambasciatore in Libia è un crimine terribile da condannare fortemente.

Perché la protesta è scoppiata in Libia?
Il caso libico è molto particolare. È in corso una fase di transizione molto difficile e lo Stato non controlla veramente il Paese: ci sono gruppi di salafiti totalmente fuori legge. Dunque, c’è una situazione di disordine, un caos e una grande mancanza di sicurezza. C’è un vuoto che ha permesso a questi gruppi violenti di agire in modo pericoloso. Il caso egiziano è diverso. L’importante, però, è non andare oltre e colpire i simboli degli altri Paesi: profanare la bandiera americana è pericoloso perché rappresenta un popolo, una nazione intera di cui fanno parte musulmani americani, un gesto inaccettabile. La risposta deve essere civile e culturale.
Non le sembra che il film sia un pretesto per andare contro gli Usa?
Io vedo in questa provocazione una deviazione e una distrazione. Perché i veri problemi non sono questi: è in atto una transizione democratica difficile, ci sono vere e proprie sfide di economia, politica e cultura da affrontare con coraggio e sobrietà. Tutto il resto è distrazione e deviazione. C’è qualcuno che cerca di deviare e creare falsi problemi e false sfide.

Perché?
L’identità del produttore non è chiara ancora. Ci sono però partiti politici nel mondo arabo che non hanno un’agenda politica efficace e non hanno da dare delle vere risposte alle sfide. A loro conviene giocare il ruolo di eroismo religioso per farsi vedere come difensori della fede.

Non può essere allora che questo film sia stato messo in giro proprio da loro?
Questo è improbabile. Occorre, però, spezzare il cerchio vizioso dell’odio. C’è un odio che genera odio, disprezzo che genera disprezzo. E occorrono persone sagge che sappiano spezzare questa maledizione. C’è un lungo cammino da fare. La democrazia è un cammino difficile da costruire, che richiede anni e anni. Non si sa esattamente come procederà, ma ormai questi popoli stanno camminando verso questa direzione. Il punto importante è che non si deve oggi perdere la speranza. È sbagliato dire adesso che questi popoli sono malvagi, che non meritano di essere aiutati, che non saranno mai capaci di democrazia e dunque lasciarli al loro destino. Sarebbe l’atteggiamento peggiore. Adesso è il momento della cooperazione e della solidarietà internazionale per aiutare il mondo arabo a superare la transizione.

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