L’errore del caporale
Daniele Settembrini è un militare. Anzi è un bersagliere. Caporale maggiore presso il 1° reggimento bersaglieri con sede a Cosenza. Nello svolgimento delle sue funzioni si accorge che nel deposito carburanti della caserma spesso avvengono furti di gasolio. Ascolta la propria coscienza e scrive ai superiori una lettera in cui denuncia gli “ammanchi di gasolio di 200-300-400-500 litri e anche oltre, spostamenti di gasolio per riscaldamenti al posto di gasolio per autotrazione, furti di gruppi elettrogeni, furto di un compressore, furti di batterie e furti continui di materiale alla ditta civile edile: ogni volta che l’officina civile preleva un mezzo per riparazione, rientra quasi sempre con metà serbatoio. [...]”. La risposta dei superiori non si fa attendere. Si dispone un’ispezione e in conclusione il militare viene processato e punito con la sanzione disciplinare della privazione della libertà per sette giorni perché, secondo il suo comandante, avrebbe violato alcuni articoli del codice dell’ordinamento militare: non avrebbe seguito la via gerarchica e “avrebbe evidenziato un comportamento gravemente lesivo del prestigio e dell’onore del suo reparto”. Insomma non solo non è stato meritevole di encomio ma viene punito per aver denunciato. Cito il caso perché purtroppo è frequente che negli ambienti di lavoro (non solo quelli militari) avviene che chi denuncia furbizie, ruberie e atti di corruzione, spesso venga mobbizzato, emarginato o deriso. Una legge per contrastare la corruzione dovrebbe prevedere (e arginare) anche questo.