Il rugby per tutti

Anche un’attività sportiva che non nasce in modo specifico con scopi sociali può essere vissuta in una dimensione consapevole di scambio e di rispetto reciproco.
Ernesto De Fazi

“Il rugby per tutti”. Parto da questa frase, molto spesso utilizzata nel pubblicizzare questo sport, per farvi entrare nel mondo di questa disciplina sportiva. Pongo alcune domande e cerco di rispondere per rendere al meglio l’idea della nostra filosofia di gioco e di vita. Perché il rugby? Perché è uno sport sano, naturale e divertente. Sano perché non ci sono implicazioni economiche o di protagonismo. Naturale perché si corre con un pallone ovale in mano e si cerca di superare l’avversario con l’aiuto dei compagni. Divertente perché si sta insieme ad altri ragazzi all’aria aperta per giocare insieme e insieme raggiungere lo stesso fine: giocare bene e provare a vincere. Le regole iniziali di questo sport sono facili, ma diventano man mano più complesse con il crescere dell’età e, quindi, si ha tutto il tempo di apprenderle. Il rugby attrae perché è uno sport che è fiero dei propri “valori”. È uno sport che trascende il fatto tecnico e si avvicina a una filosofia di vita, contagiosa, comprensibile e accessibile a tutti. Attorno ai “valori” il rugby ha costruito parte del suo successo: lavoro di squadra; rispetto; piacere; disciplina; spirito sportivo. Mi preme parlare principalmente di due di questi valori che io ritengo importantissimi: il rispetto e il lavoro di squadra. Il primo è il rispetto delle regole, il rispetto per sé e per gli altri. Questo comporta lo sviluppo di un’altra importante qualità: la lealtà sia verso i propri compagni che verso l’avversario. Il secondo valore di certo non meno importante coinvolge la socializzazione dell’individuo, fondamentale nel rugby, sport inclusivo, che accoglie tutti, perché lavorare come squadra arricchisce l’esperienza umana. In campo e fuori, il rugbista lavora per la squadra, non per se stesso, comprende che ciascuno ha un ruolo. “Nel rugby cede l’agonismo individuale, il virtuosismo del singolo, per lasciare il posto all’ascesa del gruppo nel quale le competitività prima si compongono, poi si fondono, risolutive, secondo schemi prestabiliti, traducendo i contributi e le capacità di tutti nella storia dell’evento. È questa vita di gruppo una caratteristica specifica del rugby; viverla significa tendere verso quella finalità formativa che sta tanto a cuore alle comunità sane, perché questa finalità ha come supporto una genuina educazione alla socialità” (Sport e personalità valore educativo dello sport - Il gioco del rugby di Giannino Scuderi e Aldo Invernici, 1982). Questa citazione rende bene l’idea di come in questo sport l’aiutarsi e il “sostenersi” siano le basi fondamentali per giocare. Durante la mia attività di allenatore, ho visto molte volte ragazzi appena entrati nel gruppo, per iniziare questo sport, essere aiutati e incoraggiati dai “vecchi” giocatori senza che io raccomandassi quest’accoglienza. Poi c’è il mini rugby, per i bambini. È detto anche “rugby propaganda”, o, più propriamente, “rugby educativo”: lo è per i bambini, ma può esserlo anche per gli adulti: uno sport davvero divertente per loro e coinvolgente per i genitori. Questa passione prende i piccoli, ma coinvolge positivamente anche le famiglie, che seguono i loro figli a bordo campo incitandoli, e che poi hanno parte attiva nel “Terzo Tempo”. È questa l’altra caratteristica del nostro sport: le squadre, dopo aver giocato, festeggiano insieme, dimenticando le rivalità poco prima presenti in campo. È l’aspetto educativo di questo sport!

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