Solo un banchiere ci può salvare?
Gli economisti descrivono l’attuale crisi come una malattia contagiosa destinata ad estendersi passando dai Paesi deboli a quelli più forti, dall’euro al dollaro, dall’Europa al mondo. In questa situazione sarebbe alienante e illusorio rifugiarsi nell’idea che “solo un banchiere ci può salvare”, quando perfino misure d’emergenza, come quelle che avrebbero potuto salvare la Grecia e quelle che potrebbero oggi alleviare la piaga della crescente perdita di lavoro, sono impedite dal persistere di egoismi nazionali, di egoismi di classe e dai nuovi egoismi di sterminate ricchezze.
Non è questo o quel leader che ci potrà salvare, ma solo un lavoro comune e di lunga lena. La personalizzazione della politica è diventata ormai una strategia di distrazione di massa.
Occorre piuttosto comprendere le ragioni del precipitare della crisi, che è cominciata con la rottura dei regolamenti internazionali istituiti nel dopoguerra e di ogni altra regola equitativa e costituzionale e con l’attribuzione ai capitali di una libertà illimitata ad opera delle politiche di “deregulation” e delle ideologie monetarie e neo-liberiste del Novecento. Si è trattato di un lungo processo, meticolosamente perseguito che, cominciato in Occidente, ne ha superato i confini con la caduta del muro di Berlino e si è diffuso in diverse direzioni, ad Est come a Sud, finendo per incorporare nella sua logica le scelte di fondo e i progetti perseguiti sia a destra che a sinistra.
Occorre chiedersi pertanto quando e come abbiamo sbagliato e che fare per cambiare le cose. E’ infatti contro ogni ragione che l’economia, la quale dispone di immensi, benché non inesauribili, beni naturali, e di inesauribili risorse umane, si sia tramutata in un’economia della condanna che punisce persone, classi e popoli interi, istituisce la sovranità dei debiti e amministra la scarsità non come limite ma come un destino da evitare ad alcuni e da addossare a tutti gli altri, pretendendo di fondare sulla diseguaglianza la sviluppo e di sacrificare i diritti ai poteri.
Al contrario ci sono le risorse, ci sono le norme e ci sarebbero le politiche per fare dell’economia un’economia della liberazione, che permetta a tutti la serena fruizione dei frutti del lavoro e delle risorse della terra. Quello che manca è piuttosto l’elaborazione di culture economiche alternative a quella oggi dominante, capaci di fondare il nuovo, di orientare il cambiamento e di coinvolgere la mente e il cuore di milioni di persone.
Per questi motivi e in vista di questi fini
ECONOMIA DEMOCRATICA, I COMITATI DOSSETTI PER LA COSTITUZIONE, L’ASSOCIAZIONE PER LA DEMOCRAZIA COSTITUZIONALE, ALTRAPAGINA, L’ASSOCIAZIONE PER IL RINNOVAMENTO DELLA SINISTRA, IL CENACOLO BONHOEFFER DI MODICA, IL CENTRO PER LA PACE DI BOLZANO, MISSIONE OGGI, IL CENTRO BALDUCCI DI ZUGLIANO DEL FRIULI, L’ASSOCIAZIONE SAN SALVI PELLICANO’ DI FIRENZE, PACE E DIRITTI, KOINONIA, IL CIPAX, LA CASA DEI DIRITTI SOCIALI, VASTI E ALTRI GRUPPI PROMOTORI
convocano a Roma, per sabato 15 dicembre 2012, presso l’Auditorium di Via dei Frentani 4 un’assemblea nazionale sul tema
DALL’ECONOMIA DELLA CATASTROFE
A UN’ECONOMIA DI LIBERAZIONE
NON PER L’UTILE DI ALCUNI MA PER I BENI COSTITUZIONALI E I DIRITTI DI TUTTI
PROGRAMMA
ore 10-13 – Presiede prof. Lorenza Carlassare.
Roberto Schiattarella – Diagnosi responsabilità e sbocchi della crisi
Nino Galloni – La cultura della recessione, le vie dello sviluppo, la funzione della moneta
Luigi Ferrajoli – Fondazione costituzionale dell’economia e ricadute economiche del costituzionalismo.
Discussione
Ore 14.30 – 18
Interventi: Mario Agostinelli, Silvano Andriani, Domenico Gallo, Paolo Maddalena, Laura Pennacchi, Mario Pianta, Rodrigo Rivas, Umberto Romagnoli, Rossana Rossanda, Antonia Sani, Riccardo Terzi, Walter Tocci …
Discussione
Raniero La Valle – I presupposti. Se la politica non si converte…
Infine, per le iscritte e gli iscritti a Economia Democratica: adempimenti per la costituzione e lo statuto di Economia Democratica.